ma i processi in tv chi li fa per davvero?

Ho visto su Youtube l’intervista di Fazio a Travaglio di ieri sera, quell’intervista per la quale un po’ di gente sta chiedendo la rimozione di chiunque dalla Rai.

Ora.
Al di là del fatto specificamente collegato a Schifani (del quale Travaglio cita rapporti di familiarità con persone condannate per mafia, ricavandoli dal libro scritto da Abbate e Gomez: e io su questo non sono in condizione di verificare autonomamente la veridicità della notizia), io mi domando una cosa.

Se anche Travaglio avesse diffamato Schifani, perché una querela per diffamazione o addirittura per calunnia, se è il caso, non è ritenuta una possibilità di riparazione sufficiente?
E me lo domando tanto più in considerazione del fatto che Schifani è comunque presidente del Senato, e non è che – fortunatamente! – una presa di posizione a lui contraria o per lui diffamatoria lo faccia decadere dalla carica (e ci mancherebbe altro).

Perché si ritiene necessario che, prima ancora che qualunque tribunale abbia pronunciato non dico una sentenza definitiva, ma almeno una sentenza di primo grado (piaccia o non piaccia, fino ad ora gli unici titolati a emettere sentenze, in questo Paese, sono i giudici e nessun altro), vengano licenziati tutti?

Va bene che in Italia i processi sono lunghi e questo non è bello. Ma non possono nemmemo durare solamente quei dieci minuti necessari a che Gasparri o chiunque altro riorganizzino le idee, scrivano quattro parole indignate e le inviino all’Ansa perché le immetta immediatamente nel suo circuito!

Questa cosa non la capisco.
In molti ripetono da anni che «i processi non si fanno in tv», che «i processi non si devono fare sui giornali», e poi – appena qualcuno tocca un lembo degli interessi politicamente più tutelati – ecco che basta una singola affermazione su giornali e tv perché loro ritengano già concluso un processo: quello per diffamazione in loro danno, intentato dall’ipotetico diffamato, che in un quarto d’ora fa scrivere la denuncia dal suo legale; la fa depositare alla cancelleria penale del tribunale; la fa calendarizzare; la fa discutere in udienza preliminare; la fa «tradurre» in decreto del gip che dispone il giudizio; la fa esaminare da accusa, difesa e giudice in una pubblica udienza di primo grado, con la presenza di testimoni; la fa decidere dai giudici di primo grado in camera di consiglio; promuove ricorso in appello (o attende che il ricorso sia presentato dal pm); porta il caso in appello; lo fa decidere dalla corte d’appello; ottiene la sentenza di secondo grado; promuove ricorso per cassazione (o attende che il ricorso sia promosso dalla controparte); ottiene il processo; e raggiunge finalmente l’agognata sentenza passata in giudicato.

Il tutto, appunto, in un quarto d’ora. E il tutto, ovviamente, deciso a favore dell’ipotetico diffamato, il quale adesso – un quarto d’ora dopo le affermazioni che hanno scatenato i tre gradi di giudizio – è diffamato tout court e deve andar risarcito. Anzi: l’onta dev’essere immediatamente lavata con il licenziamento ipso facto dei responsabili.

E allora, mi chiedo: chi è veramente che li fa, i processi in tv e sulla stampa?

p.s. Volevo segnalare che la figlia di Montezemolo – avvertono i giornali – si è sposata in Panda. Domanda: ma se ciascuno di noi dovesse sposarsi su mezzi di locomozione dal costo di n al quadrato volte inferiore al reddito percepito, su che cosa mi sarei dovuta sposare, io? Su un pattino solo?