crisi dei giornalisti: c’è qualcuno là fuori?

Molto è stato scritto, soprattutto in rete ma non solo, sulla questione che su Repubblica ha sollevato il teologo-scrittore Vito Mancuso; ovvero la crisi di coscienza di un autore che, di fronte alla notizia che la Mondadori potrebbe essersi giovata davanti al fisco del doppio ruolo di Berlusconi, si domandava se cambiare casa editrice o restare a Segrate.

Ne hanno scritto moltissimi, sostenendo tesi che in qualche caso mi sono risultate più convincenti che in altri, ma questo non importa.

Però sulla scorta di un commento che Enrico Macioci ha lasciato sotto l’intervento di Antonio Moresco che il blog Vibrisse ha ripreso da Il primo amore, mi si è mossa una cosa.

Premessa.
Credo che pochi sarebbero disposti a negare che il miserabile stato del Paese dipenda assai più dall’indefesso lavoro di alterazione delle percezioni collettive messo in opera dai giornalisti che non dalle ipotetiche mistificazioni degli scrittori/autori/«intellettuali».

Bene.
A questo punto, però, registro un paradosso.
Nessun giornale sarebbe disposto a dare alla mia (mia per dire: nel senso che la condividiamo in tanti) crisi di coscienza la stessa visibilità che la Repubblica ha dato a Vito Mancuso.


Praticamente, meno «influente» è la crisi di coscienza per lo stato del Paese, più i giornali ne parlano.

Ci dev’essere un perché se la nostra «crisi» di giornalisti non fa notizia.
Di sicuro i giornalisti non san parlare di sé (forse nemmeno degli altri? Non lo so); ma secondo me c’è pure che tenere i giornalisti al di fuori del – facciamo – «ceto intellettuale» è una cosa che fa comodo a molti.

Ai giornalisti per primi, lo ripeto.
Agli editori, anche.
Ma anche a tutti coloro che ai giornalisti sono lieti di lasciare la bassa manovalanza, perché loro c’hanno invece da discettare di massimi sistemi.

Voglio specificare che non alludo a nessuno.
Dico solo che il processo è questo: giornalisti fuori, «intellettuali» dentro.
E anche per colpa della mia categoria (lo ripeto).

Concludo con una domanda sciocca, perdonatemi.
Chi dà voce alle crisi di coscienza dei giornalisti?
C’è qualcuno, là fuori?