trump e le 10 domande Nov10

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trump e le 10 domande

dieci_domande_repUna delle letture più comuni delle elezioni americane spiega che la vittoria di Trump dimostra che ha fallito il giornalismo.

Il giornalismo, si sostiene, ha fallito in una doppia direzione.

Da un lato, perché non ha còlto quello che stava succedendo.
Dall’altro, perché a dispetto del fatto che era maggioritariamente a favore di Hillary Clinton, a vincere è stato Donald Trump.

Io non sono d’accordo.

Vado con ordine.

  1. Sul primo punto.
    Il giornalismo non ha mai còlto quello che stava succedendo, ma l’ha sempre anticipato. A volte in modo inconsapevole.
    Cos’erano la ridicolizzazione degli argomenti di Trump, il suo sbugiardamento, la sua rappresentazione come quella di un pupazzo ridicolo, se non la resa evidente della paura che ciò che si sapeva – e cioè che avrebbe vinto – si potesse realizzare davvero?

Insomma: fino a quando ridicolizzeremo il cosiddetto «avversario» o cercheremo di sbugiardarlo, o – come faceva D’Avanzo – gli faremo «domande» sui suoi comportamenti privati, vorrà dire che stiamo subendo l’agenda dell’«avversario» in questione, e di «nostro» non abbiamo niente da dire.

Chiunque non abbia niente da dire in proprio, o ritenga di non doverlo fare perché deve invece occuparsi di smantellare nel modo che sa le cose che dicono gli avversari non può che essere destinato a perdere.

Ergo, in conclusione: non è il giornalismo ad essere stato sconfitto.

È stata la mancanza di una lettura del mondo alternativa capace di rendersi visibile anche emotivamente.

L’unica identificazione emotiva che si è resa possibile è stata quella con Trump.

  1. Sul secondo punto.
    Anche in ragione di quello che ho scritto prima, i media sono esattamente lo strumento che ha reso possibile la vittoria di Trump.

Nel tempo, i media l’hanno seguito come se fosse stato un povero cretino miliardario eccentrico, pazzo e poco credibile, ma sostanzialmente inoffensivo. E nel frattempo, la socializzazione del suo modo di essere, la diffusione delle sue parole d’ordine si faceva vulgata condivisa.

Come mai Moore, come mai tante persone [quorum ego, nella mia misera periferia] avevano capito che trump avrebbe vinto?

Perché quando le parole che i media usano sono quelle che usa il «nemico», è chiaro che il nemico ha vinto, e ha vinto esattamente *grazie* a quei media che adesso sosteniamo non abbiano aiutato Hillary.

No, non è vero che i media non hanno aiutato Hillary, e che questo prova la loro impotenza.

Al contrario, i media hanno aiutato Donald – e non solo nella campagna elettorale, ma da molto prima – e questo prova, certo, la loro possibile insipienza, ma altrettanto certamente il loro immenso potere.

I giornali hanno fatto come quel tale che ha per primo postato su Facebook la foto del suo gattino rosso con la parrucca alla Trump: hanno trattato Trump come una caricatura.

E chiunque venga trattato come una caricatura vince. Chiunque venga trattato come uno al quale porre dieci domande moraliste vince.
Perché nel disinteresse totale per i suoi contenuti si crea una leggenda, si crea un eroe che chiunque riempie dei valori che gli fanno comodo.

No.
Altro che sconfitta del giornalismo.
Questa è solo la sconfitta dei giornalisti delle dieci domande e delle caricature.
Ma ce la meritiamo tutta.