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03.e – Corriere di Verona

7 giugno 2008

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Il libro
Due colonne taglio basso,
il giallo «giornalistico»
di Federica Sgaggio

L’ha scritto tutto d’un getto, senza la consapevolezza che potesse diventare il suo primo libro. Tre settimane e la storia era tracciata. Poi, per un anno, ha lavorato per migliorarlo fino a decidersi a inviare il manoscritto alle case editrici. Federica Sgaggio, giornalista veronese de L’Arena, ha dato alle stampe «Due colonne taglio basso», un romanzo giallo edito da Sironi (costo 16 euro), nelle librerie dal 6 maggio scorso.

La storia racconta dell’omicidio di un giornalista di provincia e si sviluppa, grazie a una scrittura frizzante e scorrevole, all’interno della redazione in cui la vittima lavorava.
Non mancano i colpi di scena, gli intrecci a fine di potere, gli amori innocenti ma vietati e, soprattutto, il finale a sorpresa.

Da sottolineare la capacità dell’autrice di dipingere in maniera eloquente la vita di una redazione di un giornale, con gli equilibri che vi si instaurano, le sgomitate per avanzare di carriera, la gestione delle notizie che non sempre è limpidissima.

In effetti», dice Sgaggio, «mi hanno chiamato molti colleghi giornalisti, di tante città d’Italia, chiedendomi – dopo aver letto il libro – se conoscevo il loro direttore. Forse si tratta di una sindrome professionale».

Una cosa balza subito agli occhi leggendo «Due colonne taglio basso»: la totale assenza di personaggi buoni, di eroi positivi. Un dato, questo, che rileva la stessa Sgaggio, affermando che la scelta è stata voluta. «Ho un fratello portatore di handicap», spiega, «e la mia vita è stata segnata, sin da bambina, dal rapporto con il potere. proprio questo mi ha spinto a intraprendere la carriera giornalistica. Credevo di poter dare voce, attraverso il giornale, ai problemi generati da chi trovava difficoltà nel rapportarsi con strutture deputate a decidere che, spesso, finivano invece per mettere i bastoni tra le ruote. Ma anche sul lavoro mi sono resa conto che la strada è in salita ed è per questo che ho deciso di scrivere un libro. E credo sia normale che, mettendo a nudo gli stupidi meccanismi attraverso cui il potere arriva persino a uccidere, i personaggi non possano essere eroi positivi. Nemmeno chi, alla fine, sembra redimersi: si tratta di cambiamenti di rotta mai privi di un preciso tornaconto».

Il libro sta andando bene, anche se l’autrice non si sbilancia. «Mi dicono», spiega, «che molte librerie devono riordinarlo, ma a me questo non interessa. Certo, mi auguro che molte persone dedichino un po’ del loro tempo alla lettura del mio libro, ma io sono gratificata dal fatto che qualcuno abbia deciso di pubblicare la mia prima opera. Ho aspettato questo momento per 42 anni, e una volta realizzato il sogno… non ho più bisogno di rincorrerlo».
A.S.