ekke-kz!

Ieri c’era una riunione a scuola di mio figlio. A un certo punto, una mamma ha chiesto alle maestre di vigilare affinché i bambini non dicano parolacce. «Mio figlio», ha spiegato, «mi ha raccontato che la madre di un compagno sostiene che una parolaccia “si può anche dire qualche volta, perché quando ci vuole ci vuole”. Invece per me le maestre devono spiegare ai bambini che non si devono dire mai».

Ora. Mi consola sapere che c’è almeno un’altra mamma che pensa «quando ci vuole ci vuole» (Ora che ci penso, quel bambino magari si riferiva a me, e dunque potrei essere l’unica mamma possibilista sul turpiloquio).
Ma mi domando cosa sarà di me nel mio quartiere (e di mio figlio a scuola) quando uscirà il libro.

p.s. Terminata l’ultima stesura, avevo provato a redigerne una versione ripulita dalle parolacce.
Beh, era completamente improbabile.
Non si può ambientare una storia in una redazione – cioè in pratica al porto di Marsiglia – e pretendere dialoghi in polito. (Vero o no che qua ci starebbe bene una parolaccia che mi limiterò a pensare velocemente, e anche disapprovandomi molto?)

p.s. n°2 Un’amica mi scrive; «Ah, bella la foto della copertina, sembra la pubblicità della Collistar». Penso di poter credere che sia un complimento sciolto e informale. Se è così, il libro è certamente:
a) cosmetico, e soprattutto
b) ipoallergenico.
Minimo minimo.