chi di chiesa ferisce… (anche se è paraplegico)

Ha 26 anni, e un incidente l’ha reso sessualmente impotente. Voleva sposarsi in chiesa con la fidanzata, ma il vescovo (siamo a Viterbo) l’ha impedito perché quell’incidente gli ha lasciato l’incapacità di procreare.
Se la curia si difende sostenendo che in simili casi non c’è discrezionalità e il divieto è obbligatorio, ciò significa che qualcuno – in questo rifiuto, che ha costretto i due a una cerimonia civile – ha visto un motivo di scandalo.

Ma io dico una cosa: chi vuole sposarsi in chiesa dovrebbe sapere quali sono i presupposti del matrimonio religioso, no?
Non è che si possa gridare allo scandalo come se si scoprisse un bel giorno all’improvviso, senza mai averne avuto precedentemente alcun indizio, che la chiesa pretende che i coniugi facciano sesso, benché nella misura che va bene a lei: e cioè esclusivamente a fini di procreazione.

Certo: dall’esterno, chiunque può osservare che la stessa chiesa che propaganda la necessità di salvare la vita a chiunque comunque dovunque quandunque e semprunque, tipo, perché siamo tutti uguali davanti a dio, è poi prontissima a discriminare gli «uguali» con l’argomentazione che sono – ma guarda un po’ – diversi.

Però i patti son patti; e chi vuole sposarsi in chiesa dovrebbe sapere quali sono i patti che sottoscrive davanti a quel suo prete, anche quando quel suo prete è critico verso la chiesa.
Pretendere un’eccezione perché ci si trova in condizione di handicap mi sembrerebbe, tra l’altro, francamente umiliante.
D’altra parte, da un’istituzione che si spinge fino a dire che la moglie dev’essere sottomessa al marito allo stesso modo in cui la chiesa è sottomessa a dio, uno dovrebbe sapere fin dapprincipio cosa ci si può aspettare.
Disabili o no che si sia.