il molise, lo sviluppo e il bisogno di lentezza

Posta molesta (tra cui un verbale del 2005 dei vigili urbani di Bagnolo Po: importo ben più che raddoppiato per un’infrazione che – se mai ho commesso – giace nel dimenticatoio sepolta da colpe evidentemente assai più gravi), caldo, casa disordinata, valigie da riaprire, panni e biancheria da lavare, e poi da stendere, e poi da stirare e infine da riporre.
E nessun posto per parcheggiare l’auto. Perché sarà anche lunedì – serata di tregua lirica – ma, come mio figlio ricordava benissimo (mio dio! Questo bambino mi preoccupa), stasera all’Arena c’è Panariello.

Ecco quel che ho trovato rientrando, dopo un viaggio in cui – a proposito: grazie alla società che pomposamente si fa chiamare Autostrade per l’Italia (e naturalmente non “Autostrade per chi viaggia”) per i cantieri senza i quali non si percorrono neanche cento chilometri, per l’asfalto antipioggia sistemato a macchia di leopardo, mezzo metro qui sulla corsia di sorpasso e quaranta centimetri là sulla corsia di destra, e soprattutto per il fatto di non prendersi mai l’incomodo di avvisare che di lì a mezzo chilometro c’è un incidente.
Per fortuna che il codone l’abbiamo notato appena prima dell’uscita di Imola, così da riuscire a fare un pezzo lungo lungo di strada normale, ma almeno non in colonna.

Sarei rimasta al mare altri tre mesi, credo, senza stancarmi per niente.
Ho solo una piccola postilla sul senso della parola “sviluppo”.
Per motivi miei, son passata per il Molise, oggi.

Beh.
Capisco che le Marche son vicine a Firenze, tipo; però io credo che le campagne del Molise da cui io son passata siano posti fantastici, negletti dal marketing e perciò sconosciuti (e mi verrebbe da dire – con un qualche timore di essere un po’ snob, però – salvati).

Alle elementari mi facevano imparare che il Molise era una regione dall’economia arretrata.
Io, però, facendo sosta in un bar dove una madre e una figlia avevano affisso il cartello “Chi è entrato con la fretta è pregato di tornare più tardi. Da solo“, in uno stabile nel cui cortile giravano tre minuscoli gattini e un gallo, in mezzo a campagne gialle e verdi, e vicino a corsi d’acqua su cui s’affacciavano alberi pieni di foglie, beh, ho pensato che sono stufa di sviluppo.
Stufa di fretta.
Stufa di vita che corre priva di senso in direzioni obbligatorie.
Stufa di divieti di svolta esistenziali.

Stufa di dover correre incessantemente per ottenere il diritto di vivere un’ulteriore giornata in cui correre incessantemente fino al giorno in cui – se dio o chi ne fa le veci lo vorrà – sarò obbligata, ormai ottantenne e distrutta, a pensionarmi, e dunque a rallentare all’improvviso perché l’ha deciso qualcun altro.
Ma tu vedi cosa mi fa pensare il Molise.

Infine: in questi giorni a poco a poco aggiungerò le foto ai post che ho fatto in vacanza.
Senza immagini – come mi è stato fatto notare – il blog sembra una tv in bianco e nero.
In perfetta armonia coi tempi a cui mi hanno fatto pensare gli splendidi paesaggi del Molise.

P.s. Forse correggerò anche le virgolette.
Forse…