la balla del «moderatismo»

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C’è molto poco di cui rallegrarsi.
Questo «no» di cui trionfalmente parlano i giornali è una bufala gigante.
Cito dall’Arena (dove lavora almeno un paio di persone che cerca di tenere in allenamento la propria memoria ricordando ai lettori ciò che le agenzie di stampa e la propaganda di governo, maggioranza e opposizione preferiscono dimenticare):

«Già una tassa sul permesso di soggiorno era stata introdotta dal Carroccio al disegno di legge sulla Sicurezza ed era stata approvata a novembre dalla maggioranza in commissione Giustizia del Senato.
Con una proposta di modifica, presentata come primo firmatario dal capogruppo Federico Bricolo, era stato inserito nel provvedimento del governo il pagamento di una tassa di 200 euro per lo straniero che chiede il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno.
L’emendamento era passato e ora il ddl Sicurezza attende di essere discusso in Senato».

Han detto di no a 50 euro ma nel frattempo sta viaggiando una tassa da 200 euro.
Ah che governo attento alle esigenze degli immigrati.
Ah che meritorio «centrismo», che meritorio «moderatismo» capace di neutralizzare gli eccessi della Lega…

P.s. Linko per analogia un’altra balla.
Su di lui. Il più grande, l’irraggiungibile Fabrizio de Andrè.

Su quest’uomo qui.

«Banchieri, pizzicagnoli, notai/coi ventri obesi e le mani sudate/coi cuori a forma di salvadanai/noi che invochiam pietà fummo traviate/navigammo su fragili vascelli per affrontare del mondo la burrasca/ed avevamo gli occhi troppo belli/che la pietà non vi rimanga in tasca».
«Giudici eletti, uomini di legge/noi che danziam nei vostri sogni ancora/siamo l’umano desolato gregge di chi morì con il nodo alla gola/Quanti innocenti all’orrenda agonia votaste/decidendone la sorte?/E quanto giusta pensate che sia/una sentenza che decreta morte?».
«Uomini, cui pietà non convien sempre/mal accettando il destino comune/andate, nelle sere di novembre/a spiar delle stelle al fioco lume la morte e il vento/In mezzo ai camposanti muover le tombe e metterle vicine/come fossero tessere giganti di un domino che non avrà mai fine».
«Uomini/poiché all’ultimo minuto non vi assalga il rimorso ormai tardivo/per non aver pietà giammai avuto/e non diventi rantolo il respiro/sappiate che la morte vi sorveglia/gioir nei prati o fra i muri di calce/come crescere il gran guarda il villano/finché non sia maturo per la falce».

(L’indignazione della voce di Fabrizio su «quanto giusta pensate che sia» mi commuove da anni e anni, sempre allo stesso modo maledettamente intenso).