vuoti d’aria

Sono esausta, e la testa gira vorticosamente, facendomi sentire come in aereo durante le turbolenze e i vuoti d’aria.

Forse l’ho già scritto, non mi ricordo più.

Questa cosa, però, mi urta e mi preoccupa. Vorrei che finisse.

Non ho dormito neanche la notte scorsa. Avevo la mascherina per stare al buio, ma mi è venuto mal di gola, m’è venuta la tosse e il naso mi colava.
In più, alle 8 è scattato l’allarme.

Oggi ho camminato a lungo, con questa testa vertiginosa.
In un centro commerciale volevano vendermi un siero della Clinique che toglie il gonfiore agli occhi, e questo mi ha fatto capire un paio di cose: che il commercio non si ferma davanti a niente; e che la mia faccia non dev’essere stata una meraviglia.

Sono colpita dal gran numero di persone evidentemente povere.
Madri giovanissime con facce scavate, passeggini schifosi e bambini vestiti come monelli di Chaplin.
Ragazzi curvi e ubriachi. Soli.

C’era freddo e pioveva. Adesso è venuto fuori un raggio di inutile sole.
Bene. Con questo freddo, oggi verso le sei di qui – le sette in Italia – un sacco di gente, uomini, donne, bambini, vecchi, ciccioni, smilzi, si tuffava dal parapetto di O’Connell bridge nelle acque del fiume Liffey.
Quelli che li aspettavano in acqua li incitavano, urlavano, ridevano.
E loro, in costume, pluff, dentro l’acqua.

Stasera a cena c’è una delle sorelle di Rosemary col marito.
Prima credevo di impazzire. Parlavano fitto tra loro e ogni tanto mi dicevano isn’t it?
Solo che io ero completamente disconnessa, e la testa vorticava.
A un certo punto, appreso di altre malattie familiari, ho chiesto scusa e sono salita in camera.
«Scusatemi», ho detto, «ma ho bisogno di pensare per un pochino in italiano».

La testa mi scoppia.
Spero che questa notte riuscirò a dormire.

Ah. Sono tornata nel negozio di Ann Summers, quello di cui avevo già raccontato qui sul blog. Sono di nuovo entrata nel sancta sanctorum di vibratori, dildi, frullatori speciali multifunzione (uno ne millantava dieci, e io mi sono domandata se al movimento-base del sesso esistono veramente così tante varianti), solo che stavolta a chiedermi come poteva essermi utile non è stato – come l’altra volta – un commesso maschio, ma una commessa femmina.
No, le ho detto. Mi sto solo guardando intorno. È che non sono abituata a vederne così tanti tutti insieme, sai com’è.
Ok, mi ha detto. Take your time. Fai con calma, prenditela comoda.
Sono uscita subito.
Sulla vetrina, uscendo, ho notato che, a proposito di un’offerta speciale in grazia della quale se compravi dei corpetti ti regalavano le mutande, c’era scritto a caratteri cubitali «get wet».

Ho rifiutato la traduzione più semplice.
Ma se devo dire la verità non me n’è venuta nessuna di alternativa.
Sarà colpa della testa che gira (spero che passi, non la reggo più).