Tags

Related Posts

Share This

quando il culo festeggia

L’altra sera mi è capitato di passare davanti a un negozio di cui si stava festeggiando l’inaugurazione.
Sono entrata.

Valchirie.
Omini con giacchine striminzite e pantaloni minuscoli e corti, grigio su grigio su grigio su grigio.
Buttafuori con auricolare come il servizio d’ordine di Lele Mora, uau che emozione madonna sembravano i boys di Corona.
Donne in jeans attillati capelli lunghi tinti dritti dritti dritti nuvole di profumi dolciastri facce alterate da cosmesi invasiva incarnati terracotta camicie bianche che tiravano su tette bombastiche uomini d’accompagnamento come un assegno di invalidità.

Accarezzavano sognanti oggetti dalla natura incomprensibile – ramo abbigliamento: calze? Calzettoni? – e dai prezzi spropositati. Feromoni di desiderio-merce, lavogliolavogliolavoglio.
Sorrisi.
Ciaaaaaaaooooo, come staaaaaaaai.
Eeeeehiiiii, io sto beeeeeeene eee tuuu.
Ti trooovo beniiissimooo.
Ce n’era una vestita come un angioletto con tunica bianca e spalla scoperta, con piumetta.
Ce n’era una tubiforme e grossa, con tubino nero decorato a piccole borchie d’ottone (no, niente manici di scopa); se l’abito – straziante – avesse avuto il bugiardino, la prima controindicazione sarebbe stata la respirazione.

Una specie di piccola folla di aspiranti esponentini della razzina padronina, curva lega nord gradinata non numerata, seconda generazione dell’urbanizzazione, provenienza da campi agricoli con licenza di scoregge a pranzo e di risucchio del brodo domenicale e ti, dona, no sta a rompar i coioni, che cuando che il culo festegia il corpo sta ben.
Brutti come il demonio, senza grazia.
Vestiti scellerati e costosi appesi a corpi inadatti.
Tacchi, tacchi alti.
Scarpe gigantesche, quelle degli uomini. Sproporzionate alle cavigline che occhieggiavano dall’orlino rivoltato dei calzoncini.

E poi, cento metri più in là, un ragazzo con la barba che, seduto a terra, suonava melodie tristi con la fisarmonica.
Un ragazzo, in questo mondo, ha deciso di studiare la fisarmonica. Non il marketing.
O forse anche il marketing, chissà.
Ma anche la fisarmonica.
«Merci beaucoup», ha detto quando ha visto il soldo da dieci euro che si posava sul fondo della sua cassetta.