non dico niente di nuovo, lo so

Funziona in questo modo; è così.
L’obiettivo di umiliare, di fare violenza psicologica; il disprezzo per il piano di realtà; la creazione di un universo assorbente e concentrazionario nel quale le regole sono informali, sconosciute, variabili, arbitrarie, pericolose, minacciose e onnipotenti; l’imprevedibile e continua sostituzione al vero dello scenario fittizio di un fondale di cartone a cui tutti gli internati mostrano di credere; l’inesistenza di qualunque percezione del mondo esterno, a meno che non sia la fettina di mondo che si è autorizzati a supporre esistente.

Gli internati sono nudi, feriti, ridicolizzati.
Ma pensano di avere ancora qualcosa da perdere: una scodella di riso, un frammento di pane; o la possibilità di fare la pipì e la cacca da soli, senza essere guardati.
E allora diventano kapo.
Oppure stanno zitti per tentare di muoversi sotto il livello del radar, inchiodati come i cani di Pavlov al ricordo delle punizioni che i compagni di prigionia hanno subito quando hanno tentato di ribellarsi.

Fino al 27 gennaio 1945.