biancaneve, l’imperatore e le bugie

Non mi sembra opportuna la previsione di non dare i contributi agli editori che non rispettano le norme, in quanto si dà per scontato che qualcuno non le rispetti, mentre si dovrebbe partire dal presupposto che le norme siano osservate.

Elsa Biancaneve Fornero,
ministro commosso del Lavoro
della Repubblica italiana

Le bugie hanno le gambe corte, mi ha sempre detto mia madre.
Però questa frase è una di quelle bugie che hanno le gambe lunghe.

La facilità con cui una bugia viene percepita o smascherata per tale dipende da molti fattori. Uno di questi è la convenzione.

Se vige, anche tacitamente, la convenzione che ciò che appare evidente agli occhi di chiunque non è la realtà, il bugiardo sarà chi dice «ehi, ma qui è tutto falso!».
La favola del vestito nuovo dell’imperatore fotografa perfettamente questo tipo di bugia; quella sulla quale la comunità deve, per convenzione, necessariamente trovare un accordo, pena la destabilizzazione di un sistema precedente di bugie convenzionali e, conseguentemente, il crollo di un sistema di potere.

La favola di Andersen finisce con queste parole:

«Non ha proprio niente addosso!» gridava alla fine tutta la gente.
E l’imperatore rabbrividì perché sapeva che avevano ragione, ma pensò: “Ormai devo restare fino alla fine”.
E così si raddrizzò ancora più fiero e i ciambellani lo seguirono reggendo lo strascico che non c’era».

Anche se tutti sanno, tutti decidono di continuare a fingere.
E alla voce dissenziente viene perdonato il dissenso perché a parlare è un bambino.

Ma cosa succederebbe se nella favola parlasse un adulto?
Succederebbe che la collettività lo isolerebbe, lo ridicolizzerebbe, ne metterebbe in questione la credibilità, eviterebbe di rispondere alle sue domande.
In questa nuova favola succede che per quanto sarà possibile quell’adulto diventerà trasparente; e per quanto, invece, sarà necessario fare i conti con lui, allora quell’essere trasparente diventerà il pazzo, o l’esagerato, o il personaggio folcloristico.

E cosa succede se quella voce adulta trova alleati?
Succede che dopo la «trasparentizzazione» e la ridicolizzazione si arriva alla fase della diffamazione se non della calunnia.
Quel tale che dice che l’imperatore è nudo e che quelli che gli reggono lo strascico hanno in realtà le mani vuote è un lurido bastardo che lungo la strada per arrivare alla parata è passato col rosso e ha superato i limiti di velocità, l’ho visto io, sissignore, ecco qui, le sottoscrivo una dichiarazione, mio sire.

Tutti sanno che su quella strada il limite di velocità era di settanta all’ora. Ma proprio pochi giorni prima della parata qualcuno è andato a mettere un semaforo permanentemente fissato sulla luce rossa, e a cambiare il cartello, sicché – a limite di velocità appositamente abbassato – quel tale finisce doppiamente in trappola.

Questa storia potrebbe continuare anche così: che alla fine, poiché sa molto bene che il semaforo non c’è mai stato, che la luce – truffaldinamente – era permanentemente rossa, e che il segnale è stato speciosamente alterato per creargli un danno, il tale si arrabbia.

Arrabbiandosi, si rende conto che non può davvero più restare in una comunità chiamata a sostenere giorno dopo giorno che l’imperatore è vestito di tutto punto anche quando le sue terga sono evidenti nella loro laida fiacchezza.
Che non può più restare dove si inventano un semaforo rosso solo per potergli dare una multa.
Che non può più restare dove gli abbassano il limite di velocità solo per danneggiarlo.
E così se ne va.

Ora c’è un problema, però.
Che il segnale del limite di velocità non può sic et simpliciter tornare quello che era prima della manipolazione, altrimenti il tipo che se n’è andato potrebbe raccogliere qualche consenso: qualcuno potrebbe capire che diceva la verità.

Così, ecco l’idea: il limite di velocità rimarrà alterato, e varrà per tutti.
Ora chiunque pensi che su quella strada larga si possa procedere a settanta all’ora riceverà la multa.
Adesso devono stare attenti tutti.

Ed ecco la nascita di una nuova bugia convenzionale: la strada è rischiosa; bisogna rallentare, cittadini. Attenti alle multe.

Una dopo l’altra, le bugie diventano decine, centinaia, migliaia.
Smettono di essere solo trasmesse oralmente, e cominciano a diventare scritte.
Nessuno può obiettare, pena l’estromissione dalla comunità, preceduta da ogni genere di angherie camuffate da regole nuove, diverse da quelle scritte che sono valide ovunque al di fuori di quel reame.

A poco a poco, quella comunità si ammala.
Qualcuno si ammala perché dentro di sé sa che sta vivendo una realtà inesistente, e si trova di fronte a una dissonanza cognitiva che non riesce più a governare.
Qualcuno si ammala perché non distingue più la verità dalle bugie, e tutto quel che conta diventa credere a ciò che conviene: anche questa è una malattia, e tra quelle più gravi, perché rovina e corrode anche la vita degli altri.

Ed è a questo punto che nasce una nuova bugia convenzionale: in questa comunità si sta benissimo. Siamo tutti fratelli.
Il terrore di uscire dall’universo di riferimento è tale per cui scatta un bisogno psicotico di falsificare anche le proprie percezioni: si sta male, si comincia a temere che una nuova coppia di sarti s’inventi nuovi vestiti per l’imperatore e che quella nuova coppia di sarti cacci tutti i funzionari che fino a quel momento avevano finto di reggere l’inesistente strascico dell’inesistente vecchio vestito del sovrano.

La comunità diventa un alveare in cui piccole api ronzano scompostamente pungendosi le une con le altre, incuranti del fatto che dopo aver punto moriranno.
Affermare la verità dell’universo falso è più importante che rimanere vivi.

Ma tutti dicono che stanno bene.
Vengono inventati nuovi semafori sempre rossi, e i limiti di velocità vengono abbassati ancora.
E poi, da un giorno all’altro, si vieta l’uso dei mezzi di locomozione.
Si cammina. Piano piano. Circospetti.

L’imperatore continua a essere nudo, e ha paura anche lui.
Che succede se a dire che è nudo dovessero essere in tanti?
Ed ecco che dopo i semafori sempre rossi, i limiti di velocità più bassi, il divieto dell’uso dei mezzi di locomozione, piccoli rotoli di denaro vengono usati dai finti sarti per accecare tutti i componenti della comunità.
Un rotolino nell’occhio, e subito va via la vista.

Ma la comunità continua a pensare a se stessa come a una comunità di vedenti.
Quando si incontrano si dicono cose come «oh che bella giornata di sole», o «ma che bel colore di capelli».

A poco a poco, niente più mobilità: si rischia. La nuova politica della sicurezza vi impone di stare fermi, cittadini.
E poi non si parla, non si respira.

Uno alla volta, muoiono tutti. Ma nessuno se ne accorge.
Un po’ perché erano già tutti mezzi morti.
Un po’ perché l’autentico non ha più una strada per entrare in quella comunità.

Forse è rimasto vivo solo l’imperatore.
Forse sono vivi anche i sarti.
Basta che qualcuno bussi alla porta, e il gioco è fatto.
È sufficiente disfarsi dei cadaveri, accogliere i nuovi cittadini, ricondizionarli e ricominciare daccapo.

Ps: Vergògnati, vile.