il colle esonda

«”Il presidente Napolitano sta esaminando – oggi ha visto il ministro Severino – ogni aspetto della complessa vicenda Sallusti” e “considera tutte le ipotesi del caso, particolarmente complesso, che richiede responsabilità da tutti”. Pasquale Cascella. portavoce del capo dello Stato Giorgio Napolitano, si affida a Twitter per far capire come si sta muovendo il Quirinale sulla vicenda del direttore de Il Giornale finito ai domiciliari per diffamazione.

In tutta onestà, io non sono in grado di capire quale necessità esista dell’intervento del presidente della Repubblica.

Fra le funzioni del presidente della Repubblica non mi risulta l’esistenza di un compito di scrutinio delle situazioni politicamente spinose.
L’articolo 87 della Costituzione della Repubblica italiana, in effetti, dice questo:

Il Presidente della Repubblica è il Capo dello Stato e rappresenta l’unità nazionale.
Può inviare messaggi alle Camere.
Indice le elezioni delle nuove Camere e ne fissa la prima riunione.
Autorizza la presentazione alle Camere dei disegni di legge di iniziativa del Governo.
Promulga le leggi ed emana i decreti aventi valore di legge e i regolamenti.
Indice il referendum popolare nei casi previsti dalla Costituzione.
Nomina, nei casi indicati dalla legge, i funzionari dello Stato.
Accredita e riceve i rappresentanti diplomatici, ratifica i trattati internazionali, previa, quando occorra, l’autorizzazione delle Camere.
Ha il comando delle Forze armate, presiede il Consiglio supremo di difesa costituito secondo la legge, dichiara lo stato di guerra deliberato dalle Camere.
Presiede il Consiglio superiore della magistratura.
Può concedere grazia e commutare le pene.
Conferisce le onorificenze della Repubblica.

Sono convinta che l’affare Sallusti, per chiamarlo in qualche modo, sia una vicenda tutt’altro che complessa, come invece sostiene Napolitano attraverso il suo portavoce.

C’è un direttore che è venuto meno alla responsabilità del controllo del suo giornale che la legge gli affida.
Ci sono stati tre gradi di giudizio.
La legge prevede la possibilità della pena detentiva o di una multa: i giudici hanno scelto la pena detentiva.
Secondo quel che sostiene Filippo Facci, al processo d’appello il legale del giornale nemmeno si presentò.
Il reato per il quale Sallusti è stato condannato è la diffamazione, per omesso controllo (dovere del direttore responsabile), e non un reato d’opinione.
Il pezzo per cui è stato condannato è stato scritto da Dreyfus (pseudonimo di Renato Farina, radiato dall’Ordine del giornalisti per avere lavorato al soldo dei servizi segreti?) e conteneva una messe di dati pesantemente diffamatori nei confronti di un magistrato, ma anche dei genitori di una ragazzina che abortì nei termini e nei modi stabiliti dalla legge 194 sull’interruzione volontaria di gravidanza.
I genitori non querelarono, ragionevolmente per non esporre la figlia a una pubblicità decisamente indesiderabile.

Dov’è la complessità, signor presidente?
Chi ha inventato la complessità di questa vicenda?
I giornali?
Gli editoriali di Ezio Mauro, Giovanni Valentini, delle grandi firme del giornalismo italiano?
La Fnsi, che ha proclamato uno sciopero la cui revoca è stata – inaudito! – annunciata non dal sindacato ma dall’Ordine dei giornalisti?

Le cose sono chiare.
È Sallusti che pretende di non rispettare una sentenza in quanto martire inventato della libertà di stampa, libertà che nessuno gli ha mai negato, perché, al contrario, gli è stato casomai ricordato il suo dovere di vigilanza, e gli è stata comminata una pena per il fatto di avere egli consentito la perpetrazione del reato di diffamazione.

È chiaro che se continua a evadere dai domiciliari – a differenza dei miei colleghi che usano il verbo tra virgolette, come se la condanna a Sallusti non fosse una vera condanna e dunque l’evasione non fosse una vera evasione, io credo che Sallusti andando al lavoro evada tout court – la posta si alza sempre di più.

È come se un adolescente rifiutasse ostinatamente di rientrare a casa all’ora stabilita dai genitori.
È chiaro che a un certo punto si spezza ogni possibile equilibrio, per quanto provvisorio, mobile e dialettico.

Ma a questa invenzione di Sallusti martire credono in tanti, purtroppo.
E le vere vittime sono la vera libertà di stampa, il vero diritto di cronaca. I veri giornalisti.

Non mi piace per niente che il vessillo della complessità venga sventolato per questioni semplici, chiare e lineari, e che invece le situazioni autenticamente complesse vengano brutalizzate dalla continua arbitraria semplificazione di tutti i loro risvolti.