noi medici

IMG_2688E insomma. Ogni tanto, all’improvviso, mi viene in mente che cosa mi è successo.

Facevo il medico, come.
Una cosa simile.
Nelle mie mani non ci sono mai state vite fisiche, ma vite civili, ecco, vite civili sì.

E la gente fuori sapeva che io facevo il medico, una cosa simile.
E se aveva un problema mi chiedeva aiuto.
Io dovevo guardare basso, e dire che mi avevano tolto tutti i mezzi, mi avevano tolto l’accesso a tutti i farmaci, a tutti i vaccini.
Io dovevo dire che se volevano potevo solo fare un’iniezione di acqua fresca.

E la gente dentro, nel mio ospedale, una cosa simile, faceva finta di essere un gruppo di medici, una cosa simile.
Faceva iniezioni di merda, di veleni, di piscio, e quando andava bene faceva iniezioni di acqua calda.
Quelli fortunati avevano l’acqua calda.

E io medico, una cosa simile, vedevo che volevano farmi fare iniezioni di merda anche a me. Diventavo matta a cercare di ottenere l’enorme risultato di poter fare solamente iniezioni di acqua calda.
E dicevo agli altri: ma non vedete che stiamo facendo iniezioni di merda? Non vedete che il massimo che possiamo sperare è fare iniezioni di acqua? Vedete che stiamo curando la peste con la merda?

E gli altri medici, una cosa simile, mi guardavano con questa faccia che è una faccia speciale che non riuscirò mai a dimenticare: occhi larghi, grandi, rotondi e stupiti. Silenzio.
Questa faccia che mi diceva senza parole «ma tu cazzo vuoi? Ma tu non te li sai fare i fatti tuoi? Ma perché devi esagerare sempre pensando che un medico, una cosa simile, debba veramente curare le persone? Ma perché non ti puoi accontentare del fatto che ne faccia morire poche?».

E io vedevo che c’era gente che aveva bisogno di aiuto di medici, una cosa simile.
Vedevo che intorno a me c’era – come – un sacco di bambini che morivano di fame per strada, una cosa simile, e sentivo le madri che mi dicevano «Lei che è medico, una cosa simile, faccia qualcosa per non fare morire mio figlio, una cosa simile».

E tornavo dentro, e provavo a dire agli altri medici, una cosa simile, che c’erano bambini che avevano bisogno di noi.
E loro scrivevano certificati medici in cui attestavano che in questo posto non c’è nessun bambino che stia morendo di fame; anzi, son tutti ricchi e stanno tutti una bellezza.

E quando tornavo per strada vedevo ancora quelle mamme che mi dicevano «lei che è medico, una cosa simile, faccia qualcosa».

E tornavo, e dicevo che c’erano bambini, e gli altri medici, una cosa simile, mi dicevano che vedevo male, che l’unica vera verità era quella dei bambini ricchi e cicciotti che si inventavano loro ogni mattina.

E uscivo di nuovo, e vedevo bambini morenti, una cosa simile.

Anni e anni e anni e anni e anni.
A vedere bambini morenti, una cosa simile, e a sentirmi dire che i bambini erano in gran forma.

Ero un medico, una cosa simile, che non poteva curare nessuno.
Medice, una cosa simile, cura te ipsum.

E ci ho provato, a curare me ipsam.
Vedevo bene, io? Vedevo male? I bambini morenti, una cosa simile, me li ero inventati?
Era tutta colpa mia? Avevano ragione i medici, una cosa simile, che vedevano solo bambini cicciotti?

Ho curato me ipsam.
I bambini morenti, una cosa simile, c’erano davvero, e li abbiamo lasciati morire. Alcuni li abbiamo addirittura uccisi noi, orgogliosi di fare i medici, una cosa simile. Abbiamo raccontato che il paziente stava bene, stava benissimo, anzi stava così bene che non c’era manco paziente, che tutti erano a posto, e che gli unici che avevano malattie contagiose erano gli stranieri, quelli un po’ strani, e li abbiamo dovuti cacciare per questo, perché contaminavano il nostro ambiente salubre.

Ho curato me ipsam, medica, una cosa simile, ma ancora soffro di rabbia per chi fa il medico, una cosa simile, e continua a dire che tutto va bene madama la marchesa, e continua a dire che il suo ospedale è il migliore del mondo, e continua a dire che lui è un medico, una cosa simile, incorrotto.

Abbiamo visto nazisti e li abbiam chiamati moderati.
Abbiamo visto eversori e li abbiamo chiamati statisti.
Abbiamo visto ladri e li abbiamo chiamati innovatori.

Abbiamo rubato e ci siamo detti che non facevamo male a nessuno.
Abbiamo detto che le banche andavano alla grande e abbiamo bruciato i risparmi degli anziani.

Abbiamo visto la merda e abbiamo detto che era oro, perché quella merda azionava il motore che ci dava il caldo in casa.
Abbiamo visto il piscio e abbiamo detto che era acqua limpida perché quel piscio faceva girare la ruota del nostro mulino.

Abbiamo fatto gli scarafaggi, abbiamo agito nel buio, e quando qualcuno ha cercato di entrare nel nostro cesso con un accendino, guidati dall’infallibile istinto dello scarafaggio, abbiamo immediatamente trovato il buco in cui nasconderci, al riparo dalla luce.

Abitiamo in un cesso, e siamo scarafaggi, una cosa simile.
Ma vestiamo Gattinoni, Dior, e ci facciamo regalare le borse e i vestiti dai negozianti a cui scriviamo le ricette, noi medici-scarafaggi, una cosa simile.

Il nostro è un cesso bellissimo.
Abbiamo perfino i rubinetti d’oro.