fortuna secunda

Un’amica straniera che ho sempre ritenuto enormemente brava sta ottenendo un grande successo nella scrittura.

Sono molto felice per lei, e credo che meriti ogni cosa. Anzi: forse le cose sono anche arrivate un po’ tardi.

Però.
Però, perché non sono arrivate anche a me?

Sono meno brava.
La mia lingua è l’italiano, e dell’italiano non interessa praticamente niente a nessuno.
Ho avuto incontri meno fortunati.
Ci ho creduto di meno.
Ho fatto meno sforzi.

Tutto vero.
Però.
Pero, come faccio a tenere a bada la sensazione che, se ascolto solo la mia pancia, ecco che sono tornata piccola come una bambina che fa sogni e poi si trova in mano la polvere?

Non vorrei togliere niente a nessuno, mai.
Ognuno ha la sua strada, e ci arriva quello per cui seminiamo.
Ma conta anche la fortuna.

Io ho scritto un libro bello.
No, non è il romanzo giallo Due Colonne Taglio Basso, che pure secondo me era bello e scritto bene; forse solo un pochino pomposo qua e là.
Non è neanche L’Avvocato G, che è una storia asciutta e piena di cose.

È la storia di mia madre, che ho finalmente finito dopo averci lavorato per dodici anni nella convinzione che stavo scrivendo un’altra storia, e solo quando lei è morta ho capito cosa in realtà stavo scrivendo.

Vorrei che questo libro avesse fortuna.
Avrebbe senso.
È una storia non cronologica. È un romanzo vero. È un memoir. È quel che è.
Dentro c’è un «uovo» che ha senso.

Mandatemi pensieri positivi, su.
Facciamo finta che serva…