giorni d’amore e inganno (molto meglio petra…)

Ho appena finito di leggerlo, e quel che mi colpisce è che anche se dal momento in cui ne ho letto l’ultima pagina sono passate solo poche ore, di «Giorni d’amore e inganno» della spagnola Alicia Giménez-Bartlett (Sellerio, come al solito) non mi è rimasto dentro alcun sapore. Come se avessi bevuto acqua a temperatura ambiente.

Dimenticate la leggerezza dei romanzi della serie di Petra Delicado; la loro aura maschia e piccolo borghese; le loro mezze tinte. In questa storia claustrofobica di quattro coppie in un ambiente ristretto, la Giménez si tuffa nella dissezione delle conseguenze di una passione non giovanile, utilizzando una tipizzazione dei personaggi asfittica e monocromatica.

Solo verso la fine – decisamente migliore la seconda parte – i personaggi prendono a vibrare in modo appena più credibile, accolgono sfumature, movimento e dramma. Ma la gravità filosofeggiante di alcune situazioni e la prevedibile ma macchinosa gestione dei ritmi narrativi (in ogni «sotto-capitolo» pensa e agisce un personaggio diverso, in un meccanismo completamente privo di fluidità) ne fanno un libro che sembra scritto come un trattatello didascalico del quale l’autrice ha preventivamente fatto uno schemino in cui ha sunteggiato e gerarchizzato tutto quello che aveva deciso di dire.

Non è un bel libro, insomma. Ma molte cose sono certamente da salvare. Come, per esempio, la nitidezza con la quale viene fotografata l’immagine del tipo umano che pretendendosi generoso diventa il peggior carnefice dei suoi beneficiati; o quella del tipo umano che pretendendosi debole rovina invece addosso alle persone che dice di amare, e lo fa con tutto il terribile peso della sua immane forza distruttiva. O la definizione di un quadro generale che fa giustizia di ogni regolarità borghese con argomenti assai più che semplicemente solidi, a favore di un’adesione spregiudicata e serena a prospettive poco standard.

Solo parzialmente riscattate, alla fine, le figure mal cesellate di Paula l’ubriacona iper-consapevole e spietata, e di Susy la stolida americana che d’improvviso si scopre «liberata». Completamente incredibile, ai miei occhi, il personaggio di Darìo: irresoluto, complesso, banale ma così coraggioso da rinunciare a sposarsi con la stupida Yolanda per decidere di restare a vivere insieme alle prostitute liete e leggere che non gli chiedono niente e gli riempiono il cuore di amore gratuito.