sono su «chi» con vieri e il boss del «times»

Mi viene in mente la battuta di Rain man («Chi gioca in prima base?», dice Raymond al fratello; e l’altro: «Chi?». E Raymond: «Chi». «Sì, ma chi gioca in prima base?». «Chi». Eccetera; la battuta è che il giocatore che giocava in prima base si chiamava Chi, ovvero Wu, che si pronuncia quasi come «who»), va bene: ma sta di fatto che sono su «Chi».
Io Federica Sgaggio nata ad Arzignano (Vicenza) il 13 ottobre 19** sono su «Chi».
Come sarebbe a dire «Chi in che senso?».
«Chi» nel senso del settimanale.
Quale altro senso c’è?

Mi trovo a pagina 167 – quella che la caporedattrice Nicoletta Sipos dedica ai libri, alle anteprime, alle segnalazioni e agli incontri – su un’estensione di cinque centimetri per sei, tipo.
Dimensione solo apparentemente stretta, per la mia stazza; in realtà mi ci sento sufficientemente comoda (dev’essere lo spirito di adattamento, o anche l’umiltà).
Sono il terzo titolo in una colonna di quattro libri, nella fascia destra della pagina.

Il primo è il mondadoriano «Sacrificio» di Sharon Bolton (che «insidia il primato di Patricia Cornwell»).

Il secondo è lo Sperling & Kupfer «Agente ZigZag» di Ben Macintyre, cioè il condirettore del Times, e non so se mi spiego (penso di sì), storia vera «di un ladro arruolato dai servizi segreti inglesi».

Il terzo è il sironiano «Due colonne taglio basso»: «Federica Sgaggio, giornalista veronese, firma un noir sensuale che ci porta tra i segreti e le complicità di una redazione. Si parte dall’assassinio di un vicecaporedattore, che si vorrebbe tacitare per difendere il buon nome del giornale. C’è però chi cerca la verità e scopre di più di quanto vorrebbe».

Il quarto è il giuntiano «Vincere l’insonnia» di Jayadev Jaerschky, già autore di «Vincere lo stress»; il libro «ci incoraggia alla scoperta dello Ananda yoga».

Mi fa piacere pensare che su un po’ di spiagge, sudaticce per il caldo e untuoselle per la crema solare Garnier, un certo numero di mani femminili girino le pagine della rivista sotto l’ombrellone e un certo numero di occhi, protetti da lenti scure, esaminino velocemente la copertina con Bobo Vieri e le tette (spaziali, va detto) di Barbara D’Urso (che non è male nemmeno vista da dietro, e ha la sua età), e cadano poi per caso – ma rapiti – sulla mia copertinina fotografata.
Non mi svegliate da questa visione, dai.
Fate i bravi.