facebook, il web e un problema personale


Ho ricevuto questa mail:

Hi Federica,
I set up a Facebook profile where I can post my pictures, videos and events and I want to add you as a friend so you can see it. First, you need to join Facebook! Once you join, you can also create your own profile.
Thanks, XYZ

Mi sono messa a cercare in Rete notizie sul senso, sul funzionamento e sulle – diciamo così – «criticità» di Facebook. Ma secondo me per questa via non arrivo da nessuna parte.
Il primo pensiero che automaticamente mi muove la parola «Facebook» è che quando qualche studente americano o finlandese fa una strage a scuola, le informazioni su di lui vengono in genere reperite su Facebook. Ma anche le foto di Amanda Knox venivano da là, e quelle – se non sbaglio – di Meredith Kercher.

Sicché, insomma, per farla breve, sono costretta ad ammettere che ho una forte resistenza (di tipo gastrointestinale; niente di ragionato o di cerebrale) a unirmi a Facebook, del quale nemmeno riesco a capire fino in fondo l’utilità.
Non è che io faccia solo cose utili, nella vita. Anzi.
Però vorrei astenermi dal fare cose dannose.

Prima di aprire il blog ci ho pensato per mesi e mesi. Quest’idea dell’esposizione di me a destinatari tendenzialmente indifferenziati mi terrorizzava.
Quando poi la scrittrice Edi Vesco venne ammazzata dal figlio, andai a vedere il suo blog; e mi fece molta impressione il pensiero che una traccia così intima eppure aperta possa sopravvivere a chi l’aveva costruita pensando di renderla disponibile a occhi gentili, e non morbosi come accade quando c’è di mezzo una tragedia.
Era una violazione, una profanazione.

E comunque: nessuno di noi che si lancia in Rete ha il minimo controllo sulla cache dei computer degli altri: sicché, qualsiasi cosa noi abbiamo comunicato potrà – come posso dire? – essere usata contro di noi.

Tra chi passa di qui c’è qualcuno che può darmi qualche argomento per decidere se aderire all’invito della mia amica per Facebook senza vivermela con tutte queste angosce?