garantismo, viriloni, popolo bue (e un bel d’avanzo)

sempre_dritto_fino_al_muroPer la maggior parte delle persone di questo Paese, probabilmente, la carcerazione preventiva è un’insufficiente e meritatissima anticipazione della pena che – come in una specie di rituale in cui assicurarsi l’indifferenza di terribili divinità pagane – serve a placare il bisogno di vendetta: «Per la famiglia gli arresti domiciliari sono una misura assolutamente inadeguata».

Come se la giustizia fosse un congegno privatistico nel quale – consultandosi con la famiglia della parte lesa (con la famiglia, attenzione, perché qui, come unità sociologica di riferimento, sta tornando di gran moda la tribù) – un giudice-esecutore, non titolato ad assumere alcuna autonoma decisione, dovesse semplicemente ratificare i desideri di chi ha patito l’insulto.

I familiari – dice l’avvocato della ragazza violentata a Guidonia – «auspicavano una misura esemplare».
Gli indagati, però, non sono stati mandati in un villaggio-vacanze: sono agli arresti domiciliari.
Sono comunque sottoposti a una misura cautelare. E la misura cautelare non equivale a un pronostico di condanna, né a un’anticipazione della pena: è il modo che un giudice sceglie per fare in modo che un indagato non possa fuggire, rifare lo stesso reato, o inquinare le prove ipoteticamente relative alla sua colpevolezza.

Se e quando saranno condannati, la condanna la sconteranno in carcere, no?
Ma per certa gente capire queste sfumature è veramente troppo.
La loro psiche arriva solo a comprendere sinapsi di livello di complessità pari a questo «Ehi, tu, stronza: tu parli così perché nessuno ha violentato te/tua figlia/tua moglie/la tua fidanzata…».

Se questo fosse un ragionamento che ha un suo valore, allora francamente non mi spiego come mai – con procedure concorsuali ad hoc – a decidere delle violenze carnali non venga insediato un giudice violentato; a decidere degli omicidi un giudice un cui parente sia stato ammazzato; a decidere di un furto, un giudice derubato…

«Serviva un messaggio più forte», dicono i familiari».
Qui entriamo dritti dritti in quella melma maleodorante che piace così tanto a bipedi come Maroni o Alfano, e alla fauna post-fascista così ben rappresentata da La Russa e Alemanno: l’etica della sentenza come messaggio all’opinione pubblica.
Roba da brividi.

«Non comprendo come sia possibile che dopo la concessione dei domiciliari al ragazzo reo confesso dello stupro di Capodanno siano stati concessi anche ai fiancheggiatori del branco di Guidonia», dice il sindaco di Roma.
Lui non comprende.
Lo vogliamo aiutare un pochino?
Caro Gianni, vai a leggere il 274 del codice di procedura civile; rifletti sul fatto che qui, diversamente da come ti piacerebbe tanto, a far fede non è il comportamento di un singolo giudice, ma il valore delle leggi scritte.

In altre parole, Gianni, a fare giurisprudenza, a stabilire come si possa comportare un giudice, non basta la decisione di un giudice che precedentemente si sia orientato in un modo o in un altro.
Quindi, rassegnati: se la decisione precedente non è piaciuta a te e alla gggente stufa e perbene che tu rappresenti, pazienza.
L’unico modo per evitare simili dispiaceri a loro e a te stesso – e per evitare queste maschie uscite propagandistiche, francamente stomachevoli per la loro inutilità istituzionale – è modificare la legge.

Scrivere sopra un pezzetto di carta anche piccolo e un po’ stropicciato, coi voti del Parlamento (o del governo: mi pare che a voi basti anche il governo, vero, per fare tutto quel che volete…) che «chiunque violenti una donna che da una visura al Pra o al catasto risulti intestata a un uomo oppure inserita nelle sue pertinenze, deve essere immediatamente condannato senza processo e gettato in un pozzo, là dove sarà alimentato con un sondino fino a che Bagnasco o il suo successore non avranno deciso che Formigoni può autorizzare un medico a staccarglielo» (sottinteso: «il sondino». Ovvio).

In fondo, ci vuole solo un po’ di coraggio, su.
E voi, invece, riuscite solo a dire, con La Russa, cose come «Basta con la faciloneria di alcuni togati. È una vergogna inaudita».
Così voi fate quelli viriloni incazzosi.
I borgatari e/o i fascisti non pentiti vi prendono sul serio, organizzano spedizioni punitive sulla scorta di questi bei vostri consigli che voi immaginate abbiano alto contenuto politico, e non siano invece ciò che sono – cioè qualcosa di simile alla legittimazione degli istinti più belluini dell’essere umano, maxime di sesso maschile – e poi quando ci scappa il morto (romeno, of course) voi condannate tantissimissimo, e dite che per queste cose c’è la giustizia (certo, come no: quella dei «giudici faciloni»; perchè uno dovrebbe affidarsi a un «giudice facilone» quando prendendo una bella mazza può fare secco un romeno?), e che comunque bisogna anche capire l’esasperazione.

L’ultimo complimento – come sempre – ai giornali.
«Lo sfogo della vittima», titolano.
E scrivono che nessuno dei violentatori in questi giorni ha chiesto perdono.
Che cosa ca*** è, in questo quadro, la richiesta di perdono?
Un atto di genuflessione a seguito del quale mi sento finalmente potente anch’io e posso magari anche chiudere un occhio e accettare che tu vada agli arresti domiciliari?

Ma tutta questa gente a cui i domiciliari sembrano le Maldive, perché non manda alle Maldive cautelari – cioè prima della sentenza, voglio ricordarlo – Berlusconi, o Previti, o uno qualunque dei loro politici indagati che – altro che domiciliari! – girano liberi in piazza Montecitorio, a Palazzo Madama o a Palazzo Chigi?

Beninteso.
Per me è giusto che girino liberi come l’aria tutti loro, eh, prima della sentenza definitiva.
Ma che tutti questi indignatoni non mi scassino le palle, però.

Lo so.
È una preghiera vana.
Me le scasseranno.

Linko qui un D’Avanzo tragicamente bello.