baci da dublino

La prima domanda che mi hanno fatto, offrendomi una tazza di te, è stata questa: “Cosa pensi di Berlusconi?”.
Non mi hanno dato nessun indizio.
Non sapevo cosa dovevo rispondere.
Lo detesto? Mi piace? Bah, è un personaggio controverso?
Ho scelto la sincerità (stranissimo).
Erano d’accordo con me!!!

Come ogni diciottenne normale, eccomi nella mia host family a Dublino.
The Oaks, che nome suggestivo.
Sono qui a sciacquare i panni nel Liffey, in vista del mio esame d’inglese Cae.
La mia stanzetta è grande come un ditale da cucito, ma molto azzurra, e questo aiuta.
La casa è deliziosa.

La cosa curiosa è che è la seconda volta su due che capito in una famiglia irlandese piuttosto – come dire? – scettica verso l’integralismo cattolico che adesso va di moda.

Quella di stasera è stata solo la mia prima cena con loro e so già come lei, Margaret, la pensa su Paolo VI, sui Giovanni Paoli I e II, e su Ratzinger.
Ratzinger non le piace.
E quando le capitò di essere in Vaticano all’udienza generale del papa, all’epoca Paolo VI, rimase scossa perché tutti i (facciamo) fedeli furono letteralmente chiusi dentro all’arrivo del papa. “Da allora ho giurato che in Vaticano non ci torno più. Tutte quelle colonne in piazza San Pietro…”.

“Del papa tedesco”, dice con un faccino schifatello, “non voglio sapere niente. Non leggo neanche le notizie che lo riguardano”, mi ha detto prima, mangiando una patata ricoperta di burro (burro speciale, senza colesterolo).

Il marito è un ex poliziotto che spara parole alla velocità di una mitraglia, e mi scruta negli occhi riuscendo esattamente a percepire – ne sono assolutamente certa – l’istante in cui la mia concentrazione viene meno impedendomi di capire quel che dice. Tant’è che precisamente una frazione di secondo dopo mi domanda “do you understand?”.
Ca***.
Sono arrivata a casa sua poche ore fa e gli ho già mentito così tante volte.
Ci vorrebbe un po’ più di onestà, penso.

L’ex poliziotto mi ha spiegato anche che se proprio devi finire impiccato, è meglio finire impiccato per aver rubato un gregge che per aver rubato un agnello.
Pare che sia la sua filosofia relativa all’indebitamento con le banche: “Sono molto bravo a fare soldi”, mi ha detto.
“Come zio Paperone?”, gli ho chiesto?
“No”, mi ha risposto. “Zio Paperone non spende. Io invece voglio i soldi per spenderli tutti, perché poi non è che me li porto dietro”.
In effetti, hanno anche una casa al mare in Europa.

Lei adora il memoir e Nuala O’Faolain; lui mi ha detto che Limerick, adesso, è ancora peggio, più povera di come l’ha descritta Frank McCourt: “E’ sotto il tallone della chiesa e dello Stato”, mi ha detto. “La chiesa li vuole poveri perché così li tiene in pugno. E lo Stato li tiene poveri per via delle tasse”.
Poi ci ha pensato un po’ e con un’arietta schifatina mi ha detto: “So, you are a bit of an intellectual”, che sarebbe a dire “sicché tu saresti tipo un’intellettuale”.
Ho mai detto che adoro l’umorismo irlandese?

Mi sorprende sempre vedere come i concetti di destra e sinistra variano a seconda delle latitudini e di un numero virtualmente infinito di altre variabili insospettabilmente influenti su cose simili.
Questi due simpatici signori di mezza età (due terzi, credo) che ospitano studenti da 26 anni sono labour o conservative?
Se penso che oggi pomeriggio, mentre seduta su una panchina sotto il sole (sì: sotto il sole) a Saint Stephen’s Green leggevo le istruzioni per la chiavetta Internet della Meteor che avevo appena comperato, mi è passato davanti un drappelluccio di veneti che parlavano della Lega nord…

Domattina, dunque, a scuola.
Avrò certamente compagni di classe coreani e giapponesi (nuvola d’aglio garantita), e forse anche brasiliani.
Mi manca da morire mio figlio, il che prova definitivamente che il titanismo è un mio difetto del passato, e adesso ho il cuore flaccido di un mollusco romantico (col raffreddore: e questa è una circostanza aggravante, soprattutto per quell’apparenza da languido pesce lesso che conferisce, ma verosimilmente temporanea).

Il figlio di Margaret e John – forse ne hanno uno solo, non ho capito bene – fa il pilota e questa sera è in Messico.
Lavora per la Ryanair.
Loro, i genitori, sono tornati da Cancun ieri sera.

Oggi camminavo, e – sì – mi sentivo quasi a casa, come sempre.
Sì: il negozio Rococò ha sempre vestiti bellissimi, da sexy-zitella anglo-celtica (cose fantastiche di stilisti sconosciuti e infinitamente meno pomposi degli italiani; ma che nessuno, please, mi tocchi Armani, grazie).
Sì: Avoca in Suffolk Street è sempre un posticino delizioso.
Vedere la baia di Dublino mentre si atterra è sempre emozionante, tanto più se – come oggi – c’è un azzurro completamente privo di nubi.

Sarà la decima volta che vengo qui, ma adesso c’è qualcosa che mi sfugge.
Non so.
Dublino ha perso qualcosa della sua magia.
Forse non l’ha mai avuta, e ce l’ho vista solo io.
Ma anche se è così, qualcosa è comunque cambiato.
Dentro di me, se non fuori.

Qualcosa m’è rimasto sullo stomaco.
Per fortuna che mi sono portata le bustine di Biochetasi.

E per finire: niente foto, per ora.
Good night.
Ah come parlo bene l’inglese.