i giornali messi a regime

I profeti della meritocrazia non trovano pace, neanche se fanno i giornalisti.
A meno di 24 ore dalla presentazione della ministra Gelmini, ecco che i giornali danno l’ennesima prova della facilità con la quale si appiattiscono – anche quelli a cui piace definirsi giornali di opposizione – all’ortodossia di governo.
Così mi tocca farci il terzo post in due giorni.

Attacco di uno dei pezzi su Repubblica.it: «Non potevano mancare le polemiche alla decisione del Ministero dell’Università di introdurre misure meritocratiche per lo stanziamento dei fondi per gli atenei».

L’affermazione ha due nuclei.
Il primo è quello relativo alle polemiche.
Il secondo è quello relativo alle «misure meritocratiche».

Quanto alle polemiche, l’affermazione che esse «non potevano mancare» le qualifica immediatamente come ovvie, inconsistenti, d’occasione.
Sono immancabili: perciò sostanzialmente trascurabili. Rappresentano un inevitabile effetto collaterale, di nessuna importanza.

Quanto al merito, mi piace sottolineare la parola «decisione» riferita al ministero (ovviamente maiuscolo), come se l’idea non fosse stata politicamente negoziata, nemmeno all’interno del governo, i cui consigli dei ministri d’altra parte durano nove minuti per le leggi finanziarie, e figuriamoci quanti secondi per una bazzecola come i finanziamenti all’università.

«Introdurre misure meritocratiche» è una frase-link che riporta al sito del ministero.
Appiattimento totale.
Le misure sono meritocratiche tout-court.
Ha ragione il ministero.
Per averne la prova, cliccate qua, dice il giornalista.

Ora: il criterio eventualmente meritocratico è applicato al 7 per cento – ripeto: sette per cento – dell’intero fondo ordinario; è riferito a ciò che ridicolmente viene definito fondo premiale.
Insomma, il governo sta facendo una battaglia ideologica e di propaganda per le briciole: il 7 per cento, appunto.
Lo fa perché è necessario che tutti, giornalisti compresi, capiscano la centralità delle sue parole d’ordine e smettano di chiederne conto e ragione.
Noi siamo meritocratici. È così e basta, e non ci rompete le scatole, perché se ce le rompete siete i soliti difensori dei privilegi (del sud, verosimilmente; di quel luogo che la graduatoria del ministero ha definitivamente chiarito essere privo di intelligenze adeguate alla congiuntura).

Se il fondo ordinario per il finanziamento delle università è stato diminuito dalla finanziaria, però, gli aumenti del fondo «premiale» potrebbero – e in molti casi effettivamente accade – non riuscire neanche a compensare la riduzione del finanziamento ordinario.
Dunque, mi domando: di cosa diavolo stiamo parlando, se non di una crociata ideologica?
Di cosa, se non di propaganda?
Di cosa, se non di un’operazione di marketing della ministrina e del suo governo, aiutata e favorita dai giornalisti di questo Paese?