il mio frigorifero

frigorifero_dipinto_di_nicola_vitaleIl mio frigorifero ha un’intelligenza propria.
Potrebbe spaventarmi, se ci penso.

Ma in realtà, il fatto che dimostri la capacità di comprendere le comunicazioni a lui rivolte e di approntare idonee reazioni è piuttosto consolante.

A volte penso che potrei candidarlo per un ministero: ma è senza tette e ha cervello, e questo fa crollare le sue chances.

Comunque.
Accade periodicamente, e da molto tempo, che il mio frigo abbia dei momenti di crisi; come degli strambi ripensamenti sulla sua identità di frigo.
A volte credo che si senta più che altro un armadietto.
Lo apri, e le bibite sembrano brodaglie, le verdure si scoraggiano appiattendosi sul fondo dei cassetti, il burro si manteca da solo.


In genere, alziamo la rotellina spostandola dal 2 al 3, o al 4 o al 5; dipende dalla tacca in cui si trovava prima che il frigo ci cadesse in depressione.

Contestualmente, disperati per la consapevolezza che dovremo spendere denaro che mediamente non abbiamo – almeno non sull’unghia – ci diciamo cose come «eh, stavolta è proprio arrivato il momento di cambiare frigo, porca zozza», e «chissà quanto ca*** dobbiamo spendere per un fot**** frigo di quelli da incasso» (questa sono io).

Il secondo costernatissimo passo – che però porta con sé anche un incosciente guizzo di allegria: fin da quando ero piccola ogni ipotesi di acquisto di una cosa nuova mi ha sempre dato un sottile lampo di gioia, la dolce conferma del fatto che anch’io, anche la mia famiglia, «potevo» – è sedersi al computer a compulsare Internet, alla ricerca delle offerte di frighi in tutte le catene di elettrodomestici d’Italia.

Seguono ore di interrogativi angosciosi del tipo «ma secondo te ha senso spendere tutti quei soldi per un frigo doppia porta che fa il ghiaccio?» (ci sbaviamo sopra, credo; e prima o poi ce lo confesseremo l’un l’altro), o «cosa vuol dire classe di efficienza energetica AA?», o anche «e se invece di prenderlo da incasso lo prendiamo normale e trasformiamo il mobile dove adesso c’è il frigo vecchio in una madia?»

Un po’ di notti ci dormiamo su (ogni spesa, d’altra parte, ha bisogno di essere affrontata alla luce chiarissima delle più lancinanti angosce notturne), accontentandoci di bere tiepida acqua minerale Monte Rosa (residuo fisso 14.7, che meraviglia) e mangiando quanto più burro possiamo per evitare che vada a male. Noi che amiamo l’olio per un sacco di motivi che non sto qui a spiegare ma non sono quelli dell’ortodossa salubrità gastro-culinaria italiana.

Quando ormai ci siamo rassegnati al passo e le nostre faccine si ingrigiscono per la comparsa dei soliti malinconici fantasmi di impoverimento, ecco che l’intelligenza del frigo si mostra in tutta la sua brillantezza.
Tu – ipotesi – stai dicendo con aria pretesamente indolente «allora, andiamo giovedì a comprare il frigo nuovo?», e distrattamente apri lo sportello del frigo per prenderti un goccio d’acqua.

E mentre ti prepari a udire la risposta «ma forse giovedì ho esami, non mi ricordo più», versi l’acqua nel bicchiere e vedi che il bicchiere si appanna.
«Ehi, il bicchiere si appanna».
«O cazzo. Un’altra volta/».
«Tocca! Bevi l’acqua! Hai sentito che fredda?».

Apriamo lo sportello.
Tocchiamo gli yogurt. Freddi.
Il burro (quel poco che ne è rimasto). Duro.
La verdura. Tonica.
Il formaggio. A posto.
L’acqua. Praticamente ghiacciata.
In genere, a questo punto ci si guarda in faccia e si ride, facendo pat pat sul fianco del frigo.

È come se il frigo non volesse essere abbandonato. Come se sentendo vicino l’addio e percependo credibile la minaccia facesse ricorso alle sue migliori energie.
In cinque o sei anni questa cosa è successa almeno una dozzina di volte.

Ho appena finito di mangiare uno yogurt Muller al torroncino (niente di che, va detto) praticamente tiepido.
Mi auguro che il frigo abbia il suo solito soprassalto d’orgoglio.
Sennò questa volta son proprio cazzi.

La (bellissima) immagine viene da qui.