ipocrisie e moralismi

A proposito della Ru486, il sottosegretario Eugenia Roccella dice che «non sarà ritenuto possibile che ci siano 20 modi di applicare la procedura, a seconda delle singole regioni: “Vogliamo assicurare l’omogeneità della legge”» 194 «”su tutto il territorio nazionale”».

La sottosegretaria mente sapendo di mentire. La legge è già da molto tempo applicata in modo difforme: in molti ospedali i medici non obiettori non superano il numero di uno.
Se questo significa applicare la legge in modo omogeneo, Roccella, vuol dire che lei ha un’idea assai personale del concetto di «omogeneità».

E poi: «Comunque venga praticato», dice monsignor Fisichella, «l’aborto è una grande sconfitta, e pensare che la Ru486 lo renda meno drammatico è un inganno».

Due cose, signore.
Lei non può escludere che una donna – in piena coscienza, con totale serietà e dopo completa ricognizione delle alternative – abortisca senza considerare quest’esperienza un dramma.
Non si può affatto escludere che questo accada, e che accada a donne serie, ragionevoli, e perfino cattoliche.

Perché lei pretende di qualificare sempre e comunque questa scelta come un dramma?
Che cosa ne sa, lei?
Vuole forse sostenere che se non lo si percepisce come un dramma, oltre a essere assassine si è anche delle orribili assassine?

Perché lei, che non sa niente di ciò che significhi essere donna e dare la vita, si permette di dire che l’assunzione di una pillola, per quanto sotto controllo medico ospedaliero, sia meno drammatico di un intervento chirurgico in anestesia generale?
Come si permette, signore?
Perché parla di cose che non può sapere?