un libro che brucia

Mi guardava dallo scaffale della libreria, stamattina.
«Lettera di una sconosciuta» di Stefan Zweig è un libro che brucia.

«A te, che mai mi hai conosciuta», si leggeva in alto, a mo’ di apostrofe, di intestazione. (…) Ed egli si mise a leggere:
Ieri il mio bambino è morto. (…) Per tre o quattro ore ho ceduto al sonno su quella seggiola rigida, e nel frattempo la morte se l’è portato via. (…) Non ho il coraggio di guardare, non ho il coraggio di muovermi, perché quando la fiamma delle candele vacilla, sul suo volto e sulla sua bocca serrata si rincorrono le ombre, ed è come se i suoi lineamenti si animassero, e mi verrebbe quasi da pensare che non è morto, che può risvegliarsi e dirmi qualcosa di puerilmente affettuoso con la sua voce argentina. Ma io lo so, è morto, non voglio più guardare da quella parte, per non lasciarmi prendere ancora una volta dalla speranza, per non ritrovarmi ancora una volta delusa. (…) Non aver paura delle mie parole: una morta non vuole più nulla, non vuole amore, né compassione né conforto”.