giallo? che bvutto colove lettevavio

Ho come capito una cosa: che il fatto che da qualche parte sulla copertina di «Due colonne taglio basso» ci fosse scritto che quello era un giallo mi ha proprio fatto del male.
Non dentro; intendo che non mi ha mica ferita.
Solo che leggere questa cosa che si tratta di un giallo ha autorizzato i più fini fra gli esegeti metropolitani e provinciali a considerarlo una cosetta che, sì, vabbè, insomma, c’è già stato Scerbanenco, e comunque il noir italiano ha fatto il suo tempo, e in ogni caso che palle sto nordest, ah, tratta di giornalismo?, ma dai!, veramente?, eh, in effetti le persone son curiose di come funziona nei giornali, comunque c’è già Carlotto, non capisco che bisogno ci sia, e poi c’è una pletora di minus habentes che si cimenta col genere…

Eppure, a parte la storia, c’è anche un modo di scrivere, dentro.
Ci sono scelte.
Ci son giri di frase.
C’è una sintassi.
Ci son dei dialoghi.
C’è la scelta di parole, ci sono ritmi.
Ci sono cose che succedono e significano.
C’è la famiglia; ci son padri e madri; ci sono amori non rosa né rosé; c’è costume; c’è incesto; c’è aborto; c’è relazione di potere; c’è il rapporto femminilità-virilità; c’è uno scenario; ci son vite, personaggi, luoghi; ci sono corpi e segnali.
Ma niente.

«Ah, giornalismo? Eh, interessante». Tutto spostato sul contenuto, come se fosse una specie di articolo di giornale.
Alcuni, addirittura, spiegano che «fare noir, oggi, significa cedere alle sirene del mercato e andare alla ricerca dei grandi numeri».
Vai a dirgli che t’è venuto così di ammazzare qualcuno sulla carta.
No, quelli raffinati non possono proprio vedere un libro sulla cui copertina c’è scritto «giallo» (o noir) qualcosa di diverso da «Novella 2000».
Ti guardano con un’arietta tipo «oddio, forse questa mendicante vorrebbe confondersi con me che c’ho tutta questa bella lingua ariosa, complessa, stratificata, classica, scolpita, ruvida ed elegante, scabra eppure fiorita, uno con la mia classe cos’ha da spartire con questa tipa che ha scritto un giallo? I nostri son romanzi veri, con ferite dell’anima, non han mica bisogno di coltelli per alludere alle ferite».
E se poi provi a dire che nella cosa che hai scritto c’è più che un giallo, beh, ti dicono «ah, chissà come mai non c’è mai nessuno che dice che ha scritto solo un giallo: cos’è? Vi vergognate?».

I livelli differenti di lettura ce li hanno solo le loro cose, anche se sono cose «gialle».
In effetti sono cose loro, e le cose loro hanno per definizione diversi livelli di lettura.
Tutto il resto è edificato a un solo piano.
Piano terra.
Ovvio.
Savàsandìr.