rutti e decoro

È il tendone della festa della birra in piazza Bra.
Deve ancora cominciare, la festa: è per questo che il fotogramma della webcam comunale non riprende nessun ubriaco.
E il tendone – delle casette tirolesi di legno che si vedono in basso non so niente – non è stato autorizzato dalla Soprintendenza.
La manifestazione della Panini – l’azienda delle figurine – venne cancellata per l’assenza dell’autorizzazione; questa, invece, no.

Ma tanto, chissenefrega: la città è mia e ne faccio quel che mi pare.
Anche il vomitatoio degli ubriachi.
Anche il palcoscenico di una festa strapaesana il cui tendone offusca integralmente la facciata del palazzo del Comune.

A parte il cosiddetto Liston, ovvero il grande marciapiede delimitato da facciate di palazzi gentilizi al cui pianterreno ci sono ristoranti e negozi, la piazza ha tre «fondali scenici»: la Gran Guardia, Palazzo Barbieri, e l’Arena.

Tre giorni fa, alcuni turisti erano seduti sulle panchine che danno sulla Gran Guardia. Ma l’unica cosa che potevano vedere – a parte, alzando la testa, il cielo – erano i fianchi dei camion che portavano gli allestimenti per una qualche soirée che nel palazzo si sarebbe tenuta, e le fiancate dei camion che portavano le cose necessarie al montaggio del tendone per la festa bavarese.

Altri turisti erano seduti sulle panchine di fronte a Palazzo Barbieri, ma potevano vedere solamente i fianchi di altri camion che contenevano le cose necessarie al montaggio del tendone per la festa della birra, e i primi teli delle tende già montati.

Altri turisti erano seduti davanti all’Arena. Qui la situazione era migliore. L’anfiteatro, più o meno, si vedeva abbastanza bene. ma nel vallo, ovvero nella parte in discesa che lo circonda, c’erano già le prime impalcature e i primi elementi delle scenografie (credo) per la stagione lirica estiva.

Ecco cos’è il suolo pubblico: mucca da mungere con criteri privatistici.
E a mungerla sono proprio loro, che in nome della loro particolare idea del decoro (ovvero: sono decoroso solo io, e tu vaffanculo) vogliono estromettere chi è senza casa, chi è straniero, chi non ha denaro.

Consumiamo tutto, qui, e mica solo a Verona.
Aria pulita, terra, risorse, energie. In cambio, ci danno – e non a tutti, ma a pochi privilegiati – pezzi di carta che si chiamano soldi.
A quei soldi vendiamo l’anima.
E poi andiamo anche a dire che noi sì – eccheccazzo – siamo sviluppati. Non come quegli stolti dei greci, o quei nullafacenti dei terroni.

Sarà che non ho vent’anni, ma sento montare un’onda di vomito.