fede in the sky (with diamonds?)

Primo giorno di settembre (un po’ in ritardo sulla tabella di marcia, ma insomma).
Mail.

«Liquida e Sky lanceranno a fine agosto un nuovo Magazine verticale, dedicato al nuovo modo di fruire la TV tramite il My Sky HD, interamente animato dai contribuiti di blogger italiani di qualità e supervisionato dalla redazione di Liquida.

Il Magazine si propone di approfondire per alcuni mesi la reale esperienza di fruizione dei contenuti Sky tramite l’utilizzo del decoder My Sky HD che sta di fatto rivoluzionando il modo di fruire il mezzo televisivo.
Siamo a qui chiederti di far parte di questo progetto in virtù della tua competenza come blogger, della tua autorevolezza e visibilità».

In qualità di blogger italiana di qualità, e in virtù della mia competenza, della mia autorevolezza e della mia visibilità – schiantata dalla commozione per il profluvio di complimenti e ammansita dalla quantità di maiuscole – ho accettato senza esitazione.

Per farla mooolto breve, mi sono sottoposta di buon grado al supremo sacrificio di ospitare nella mia autorevole casa di blogger italiana di qualità MySky Hd, che sta rivoluzionando il modo di fruire del mezzo televisivo.
Quel che mi è stato chiesto è questo:

Il tuo contributo sarà quello di pubblicare (…) sotto forma di post, sia sul tuo Blog, che parallelamente sul Magazine di Liquida, un resoconto della tua esperienza di fruizione del My Sky HD. Una sorta di diario personale in tre puntate che racconti cosa vuol dire fruire di un abbonamento a Sky e dell’uso del My Sky HD.

(…) Sarai libero di raccontare questa esperienza come meglio credi.

Sgaggio: presente. Uau. Allora.

Premessa: un po’ per gli orari di lavoro, che fino a qualche mese fa mi hanno impedito l’esercizio di qualunque attività serale – sociale o privata – un po’ per la progressiva disabitudine alla passività, la tv io non la guardavo mai. Non credo che la cosa abbia a che vedere con una vena snob. Semplicemente, star ferma sul divano a guardare uno schermo dopo che tutto il giorno ero stata a muovere dita davanti a uno schermo mi sembrava insostenibile.

D’altra parte, avevo un anzianissimo televisore 14 pollici Grundig che semplicemente non si poteva guardare perché era rotto. Restava lì per abitudine, per affetto, a dispetto della sua cecità e della sua mutezza.

Tutto questo era abbastanza per mettermi alla prova, dunque.
Tutto questo in aggiunta alle pressioni imploranti di mio figlio.

Bene. Arriva MySkyHd, e pochi giorni dopo arriva anche un televisore nuovo (un salasso); non so bene quanti pollici. Parecchi più del precedente, comunque; cosa che sembra essere la ragione principale del salasso.

Di Sky sapevo ciò che mi aveva consentito di sapere il fatto che lavoravo in una redazione dove la tv era sempre sintonizzata sul canale news. Cioè che c’è un tg che va in onda a ripetizione. C’erano giorni che a furia di sentirla imparavo a memoria la sequenza delle parole dei servizi sui fatti di cronaca più gravi. E a letto, alla sera, il nastro di parole mi tornava in mente intero. Soddisfazioni enormi.

Comunque. Mi siedo a vedere questo schermo gigante e prendo in mano il telecomando.

La prima impressione è che il mondo sia mio.

La seconda è che non è vero, ma vabbè.

David Letterman show. Oh. Steve Martin che suona il banjo. Questi attori americani che cantano ballano suonano. Bravi. Faccio un po’ di fatica a capire fino in fondo le battute di Letterman, ma dev’essere l’età. La mia, dico. Non la sua.

Clic. Programma su come salvare un matrimonio attraverso il sesso. Britannico, mi pare. Lingua originale, e questo è semplicemente fantastico. Il programma non è male: ha una sua grazia che si mantiene lontana dal guardonismo e dalla ridicolizzazione della coppia che si presta a mettersi a nudo con tanto sprezzo del pericolo. Sembrano emozioni vere. Mi piace? Onestamente non lo so. Mi sembra un programma fatto bene, ma continua a sfuggirmi il motivo per il quale le persone cedano con tanta arrendevolezza alle sirene della tv. Mi sento divisa fra la solidarietà e una punta di rabbia.

Davanti allo schermo, però, più di mezz’ora non reggo.

Riconosco che la tv è bella, che si vede bene, che si fa guardare. Che avere a disposizione un’enormità di contenuti – mi sono stati concessi, a tempo determinato, ovviamente, tutti i pacchetti – dà l’idea di avere un mondo di possibilità a portata di indice. Ma quel che realizzo quando passo su National geographic – dove danno un documentario teso a dimostrare quanto necessaria e opportunamente virile sia la rudezza della polizia americana – è che l’antica amicizia fra me e la televisione vive una crisi apparentemente irrecuperabile.

Con la consapevolezza che sto dando tutta me stessa alla causa, mi sposto sulle news in inglese.

Bello. Ah, che modo diverso di dare le notizie; di raccontare il mondo. Ma dopo un po’ mi viene voglia di tornare in contatto con la realtà e vado a prendermi qualcosa da mangiare. Dice: beh, giusto; puoi registrare quel che vuoi e riguardarlo dopo.

Sì, giusto. Ma secondo me è ora di andare a letto.

Liquida mi chiede di dire com’è cambiato nel mio modo di fruire della televisione. Beh. Non so bene. Di sicuro è cambiato tutto per mio figlio, piccolo tifoso interista costretto da una madre scellerata a vedere (finalmente! Dopo una vita di dirette web fatte solo di parole!) le partite per così dire in lingua originale, e cioè senza i commenti dei giornalisti sportivi (pura perfidia, lo so; ma quando ci vuole ci vuole). E di sicuro è cambiato tutto per Marco, che si guarda il rugby.

Quanto a me, mi sa che punterò sui film. Ma mi tocca coniugare i verbi al futuro: per ora non ne ho ancora visto uno. Ho letto sul magazine di Sky che daranno Avatar; ecco, forse proverò a vedere Avatar. È l’esatto contrario di ciò che andrei a vedere al cinema, ma almeno sedermi per vedere come comincia, sì, questo lo farò.