lingua madre (becky has a proposal for him)

Il primo giorno dell’anno l’ho passato passato al lavoro.
Mi avevano proposto di volare, e mi sarebbe piaciuto così tanto. Ma non potevo.
Adesso sono a casina, e non mi pare vero.
Credo che mangerò un po’ di pasta con l’olio.
Per una volta che avrei voglia di vedere cosa danno in tv, mio figlio ci si è piazzato davanti e ha simbolicamente acquisito la stazza di un pilone di rugby. Tipo: che nessuno ci provi, io son qui e qui resto. Sta guardando un programma che aveva registrato.
Calcio, porca zozza.

Mi ronzano in testa un sacco di parole in inglese; citazioni, idee, giri di frase.
A volte mi sembra di non volere più una lingua madre, e chissà che questo frammento di intuizione vaga non abbia una sua sotterranea parentela con la fase che vivo.

Se è così, altro che transizione, però.
Sarebbe tutto più simile a una rivoluzione; tanto più che in un sogno Dublino m’è apparsa col senso di una metropoli, città-madre.
La prima decisione dell’anno, d’altra parte, è stata la prenotazione di un volo a Dublino.
Forse in dieci settimane ne farò dieci.
Mi piacerebbe.
Vediamo se gli incastri reggono…