direttore irresponsabile

Spiace aver ragione.
Ma questa è una di quelle occasioni in cui posso dire «io l’avevo detto».

Una volta che dovesse prevalere un’idea civilistica della diffamazione (ma anche prima, secondo me), finirà che i direttori rimarranno indenni da ogni pretesa giudiziaria: le loro spese se le accollerà eventualmente l’editore (che già secondo l’Unità, come abbiamo visto, è egli stesso alfiere della libertà di informazione), oppure si riuscirà finalmente a istituire per legge la figura del direttore irresponsabile, che già esiste nella realtà anche se i codici, con gran dolore di Valentini e altri, tardano ad accorgersene.

Era il 23 settembre, e scrivevo un post per sostenere quanto irrilevante fosse, nel caso che riguardava Sallusti, il collegamento con l’istanza della libertà di stampa, quanto ideologiche e pretestuose fossero le lamentazioni di tutti i maggiori nomi del giornalismo italiano (Giovanni Valentini in testa, autore di un pezzo incredibile), e quanto facile era prevedere che – semmai qualcosa si fosse fatto – tutto si sarebbe risolto in un aggravio di responsabilità sui «piani bassi» della professione.

E ora che pare che il giornalista autore dell’articolo ritenuto diffamatorio possa essere sottoposto alla pena detentiva mentre il direttore no, vorrei che il legislatore mi spiegasse, dunque, in cosa trova spiegazione l’aggettivo «responsabile» che l’ordinamento ancora riconosce a un direttore il diritto di accoppiare alla propria qualifica.

Con questa novità, nasce per legge la figura del «direttore irresponsabile».
Nasce una figura che viene pagata di più per fare (giornalisticamente, perché poi i suoi bei signorsì al potere lo impegneranno sempre molto) di meno: un editoriale ogni tanto, e – sul materiale del quale la legge lo chiamerebbe a essere responsabile – nessun vero controllo di cui qualcuno lo possa ritenere (appunto) responsabile, se non economicamente.

Certo: mi pare di capire che la sanzione sarebbe ugualmente penale; ma è – mi rendo conto di forzare un po’ – come aver stabilito che il direttore (ir)responsabile è un soggetto di diritto privato, e il giornalista non direttore un soggetto di diritto pubblico.

E ora, se un direttore darà a un sottoposto l’ordine di scrivere un pezzo intenzionalmente diffamatorio (succede anche questo, non è il caso di stupirsene poi troppo), il sottoposto potrà andare in prigione, e il direttore irresponsabile potrà semplicemente farsi pagare le spese dall’editore.

Vedremo se la norma passerà così com’è.
In ogni caso, non mi sembra un grande passo avanti, né una norma di civiltà.