mi arrendo, venitemi a prendere

Sto cercando per quanto posso di tenermi lontana dalla dimensione sociale e politica delle cose che si muovono intorno a me.
Guardare a quel che succede con i miei occhi e con la mia sensibilità diventa di giorno in giorno più doloroso, a dispetto del fatto che il tempo che passa si suppone aumenti il kit di cinismo del quale noi esseri umani si dispone.

A me succede diversamente.
A me succede che leggere i giornali fa male.
Su di me, il contatto con un tipo di comunicazione digitale che non sempre tiene in debita considerazione la sensorialità né la materialità delle vite e delle storie con cui ci si confronta agisce come un fattore di sensibilizzazione allergica, che accumulandosi ottiene l’effetto dell’intossicazione.

Non ci si ferma mai.
La deriva non si ferma.

Viene eletta alla presidenza della Camera una donna dalla rispettabilissima storia. Nel suo bel discorso, cita la violenza sulle donne.
Sì.
Giusto.
Bene.
E i blog, anche i blog collegati alle testate mainstream, enfatizzano immediatamente questa «novità».

Ma perché io ho la sensazione che quell’accenno alla violenza sulle donne, per quanto possa effettivamente corrispondere alla reale sensibilità di Laura Boldrini, sia stato fatto a scopo identitario più che politico? Perché a me sembra che sia servito per certificare l’appartenenza della presidente della Camera a quel pezzo di mondo mainstream che accetta la riduzione a formula delle cose difficili e complesse perché teme che, in mancanza di semplificazione, saltino tutte le possibili coordinate di lettura del mondo?

E Grasso, poi.
Non ricordo che sulla sua figura ci sia mai stata l’unanimità di giudizi positivi che vedo in questi giorni durante i quali all’uomo di tribunale è stata conferita dignità di statista.

Ecco che l’una e l’altro propongono il taglio del trenta per cento sulle retribuzioni dei deputati e dei senatori.

E io sento una stretta al cuore. Sento che è solo un segnale, niente di più. Che per quanto possa servire a ridurre le spese, quel che conta non è questo, ma il fatto che in questo modo si dia pastura alle mandrie affamate di sangue che vorrebbero uccidere i politici e la politica, e ci stanno peraltro perfettamente riuscendo, da destra e da sinistra.

Ed ecco arrivare Grillo.
No, cari amici schifosi: il trenta per cento non basta. Dovete dimezzarvi lo stipendio, carini. E niente rimborsi elettorali.

E io sto ancora peggio.
Ma se un parlamentare non prende il denaro che gli serve a vivere fuori casa e a rappresentare degnamente il Paese che rappresenta, non è che poi possono candidarsi solo i ricchi?
Com’è possibile che questo Paese di feroci imbecilli non capisca questo dato di fatto elementare?

È come se io dicessi a mio figlio che siccome i suoi compagni di scuola fumano le sigarette lui non può più uscire di casa se non con me o con suo padre.

Com’è possibile che questo Paese di cretini non capisca che i partiti esistono, e che per funzionare hanno bisogno di denaro?
Com’è possibile che i miei connazionali non capiscano che la Rete non è la panacea?
Com’è possibile che la risposta a tutto sia non parlare coi giornali?

Com’è possibile che la capogruppo dei grìllici alla Camera se ne esca ogni giorno con sentenze sempre più arroganti e devastanti?

E la macchina del fango; e i «pennivendoli di regime» (ma dove cazzo eravate, bella gente, quando i pennivendoli di regime facevano a pezzetti i giornalisti? Eravate distratti? Stavate pensando a come accreditarvi come visionari politici così da mistificare, grazie alla connivenza di quei «pennivendoli» che tanto schifate, la vostra vera natura di pericolosi squadristi?); e le primarie; e lo spread che fa come la biancheria delle donne, il ti-vedo-non-ti-vedo, a seconda delle convenienze; e i rottamatori; e i giovani turchi; e il «noi non ci alleiamo con nessuno», «noi votiamo solo i nostri»; e l’uveite; e la «magistratocrazia»; e il legittimo impedimento; e la visita fiscale; e la libertà di coscienza; e il voto libero e segreto; e il «no! Il voto dev’essere sempre visibile!» (pazzi, pazzi scatenati); e quell’«io la Bindi non la saluto, non ho piacere» (vergognati, maleducata); e il «culo largo» di Maroni; e il «dovranno render conto anche delle caramelle»; e Manganelli che muore e i commentatori che dicono «ha saputo chiedere scusa» (per i fatti della Diaz a Genova, dicendo: «Scuse dovute ai cittadini che hanno subito danni, ma anche a quelli che, avendo fiducia nell’istituzione-polizia, l’hanno vista in difficoltà per qualche comportamento errato ed esigono sempre maggiore professionalità ed efficienza». «Qualche comportamento errato» alla Diaz, cazzo? Finte molotov e botte da orbi «qualche comportamento errato»? L’uomo che ha saputo chiedere scusa? Ma ci mancherebbe altro, cazzo, che non avesse chiesto scusa); e «un duro che sapeva sorridere»; e il papa che diventa una star; e i test d’ingresso («meritocratici», ovviamente) al liceo; e i marò; e i «95 mila sì ai sei intellettuali» per il (mio dio) «governo d’alto profilo»; e il bambino morto a scuola soffocato dalla mozzarella e il giorno dopo il giornale che dice «non ci sono responsabilità penali», come se il processo fosse già stato fatto e fosse arrivato in Cassazione; e questi incredibili bipedi che pretendono per una questione di trasparenza, eccheccazzo, lo streaming dei consigli comunali, degli incontri con Napolitano, delle riunioni delle commissioni: lo streaming, oh yeah, di qualunque cosa purché nessuno si sogni di chiedere lo streaming delle loro riunioni interne popolate da portatori non sani di una naiveté che trascolora in furia vendicativa da papero con gli stivaletti a molla…

Basta.
Io non ne posso più.
Io sono esausta.

Grillo è il figlio legittimo di Berlusconi, come Berlusconi è il figlio legittimo di Craxi, che almeno quando si trattò di Sigonella fece se non altro la voce grossa con gli americani.

La Dc e il Pci hanno dato a questo Paese un servizio sanitario nazionale, una scuola che faceva il suo porco lavoro ma sta tornando classista, un diritto di famiglia basato sull’uguaglianza fra coniugi, una legge sul divorzio, una legge sull’aborto.
Sì: anche il debito pubblico, ma chi non sa mettere in graduatoria le cose o è un poco di buono o è uno stolto.

Tutti addosso a Grillo, adesso.
Se lo merita, eccome.
Ma perché in questa battaglia io non riesco a sentire nessuna sincerità?

Non si fermeranno fino a quando l’ultima speranza non sarà stata distrutta, l’ultimo granello di civiltà non sarà stato diluito nel liquame della violenza squadrista di questi tempi acidi e marci.

E, per favore, chiunque voglia commentare che non si deve essere così pessimisti; che i «buoni» ci sono; che io sono arrogante; che pretendo di avere la verità in tasca, accetti questa risposta preventiva, perché non ne darò altre: non me ne frega niente.

Mi sono definitivamente rotta.

Infine, l’angolino dei cazzi miei.
Voglio trasmettere un messaggio a quei colleghi che mi hanno fatto a pezzettini: andatevene affanculo; che moriate fra i tormenti; che vi riduciate in povertà; che vi schifino anche i vostri amici scarafaggi.
Che tutto vi torni indietro, insomma, e con gli interessi.

Dice: ehi, ma che cattiva.
Sì.
Era ora che mi svegliassi e augurassi un po’ di orrori alle merde che hanno ucciso le mie speranze.