«poeta delle donne»?

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È morto Califano.
Repubblica online titola:

Addio Califfo, il poeta di donne e borgate

Io non so cosa sia poesia e cosa no, né voglio togliere nulla a Califano.
Però mica sono sicura che abbia senso dire che lui sia stato «il poeta delle donne».

Si fida il tuo signore ma un giorno scoprirà che nel suo letto muore
un’altra fedeltà-a-a
noi ci stringiamo più forte e poi più piano la passione ci godiamo alla faccia del tuo uomo.

È una sua canzone.
Parla di «il tuo signore». Allude al compagno, al marito della donna con cui il protagonista della canzone sta avendo una relazione sessuale.
«Il tuo signore».

«La passione ci godiamo alla faccia del tuo uomo».
Cioè: avere un incontro sessuale con una donna mette al mondo una relazione anche con l’uomo che sta abitualmente con lei.
È una specie di battaglia fra uomo e uomo, e la donna è solo la preda incidentale.

Non mi stupisco né nego che ci sia una dimensione di competizione intra-sessuale, fra maschi, così come c’è fra femmine.
Né mi stupisco che una persona voglia farne una canzone, o una storia.

Quello di cui mi stupisco è che si possa definire questa persona come «il poeta delle donne».
Una volta Califano ha detto:

«Eppoi, diciamolo sinceri, una donna, anche la più raffinata e delicata d’animo, quando è il momento giusto vuole sentirsi presa e ingroppata come un animale».

Mi citerò da sola, dunque.

È possibile che una donna desideri sentirsi «presa».
Ma quando lo vuole lei, e dalla persona che vuole lei.
E se a un certo punto, lì per lì, cambia idea, il gentile ospite è pregato di astenersi dal continuare qualunque pratica sia in corso.

Sostenere che ogni donna, anche la più «raffinata e poetica», è in fondo un animale, sottende l’idea delirante e fascista che in una donna (nell’uomo non so e non me ne frega niente, se quell’uomo è un califano) esista una contraddizione teorica fra raffinatezza/poesia e animalità: doti che invece credo appartengano entrambe e senza alcuna contraddizione (meglio, però, se con una certa relazione dialettica e benevola) a tutti gli esseri umani, indipendentemente dal loro sesso.

Farei anche attenzione a un’altra implicazione.
In questo quadro, potrebbe doversi concludere che in fondo, insomma, uno stupratore equivoca solamente sul «momento».

Magari la sua unica colpa è che lui in perfetta buona fede pensa di avere individuato bene l’attimo in cui quella donna che ha davanti, così raffinata e poetica, desidera essere presa da lui e ingroppata come un animale.