fuori i secondi

escapePer la prima volta nella storia del giornale dove ho lavorato fino all’anno scorso, l’azienda annuncia che farà ricorso alla cassa integrazione come mezzo per arrivare a otto prepensionamenti, dopo gli altri che erano seguiti a uno stato di crisi biennale.
La redazione ha proclamato due giorni di sciopero.

Non posso dire di essere sorpresa da quest’idea della cassa integrazione congiunta ai prepensionamenti.

Esprimerò solamente un augurio.

Mi auguro, ex colleghi, che nessuno trovi il modo di dividervi, magari – chi lo sa – ipotizzando per alcuni di voi cose così carine da non poter essere a cuor leggero rifiutate, e ad altri prospettando cose così poco carine da dover essere evitate grazie all’accettazione dei piani che per alcuni di voi sono stati ormai ineluttabilmente fatti.

Temo che lo sciopero possa non servire a niente: questa volta mi prendo il lusso di dirlo io, che se non altro per questioni logistiche non posso più essere il servo sciocco o l’utile idiota di nessuno.
Non che lo sia mai stata, ma insomma: dico per capirci.

Tutto quel che succede ora si stava preparando sotto i miei e i vostri occhi da parecchio tempo.
Il mestiere dei giornalisti, d’altra parte, è capire – possibilmente in anticipo, connettendo i dati anche distanti – quello che sta succedendo, quello che sta per succedere, quello che può succedere se, e quello che può succedere se non.

Ma chi lo diceva veniva considerato una cassandra.
Anche in quello che è accaduto a me si poteva capire che la direzione in cui ci si muoveva era questa.

Ma voi non avete visto; oppure non ci credevate, o magari non vi interessava, o forse eravate distratti, o ritenevate che a voi non sarebbe mai toccato niente di brutto, perché le cose brutte accadono solo agli altri, solo a quelli come me.

Fatto sta che avete pensato che per una collega – me – non valesse la pena fare niente.

Ecco.
Penso che sia arrivato il momento di dirvi grazie per quello che, sindacalmente e collettivamente, avete pensato di non dover fare per me.
Non che questo mi abbia reso felice, no. O serena. O mi abbia minimamente aiutato.
Ma quel che è certo è che la vostra inazione mi dà adesso, almeno, la possibilità di dirvi con grande serenità che io so quanto è importante, nelle battaglie, non essere da soli.

Ad alcuni di voi voglio bene; altri li rispetto; di altri non dirò nulla.
Ma siccome so quanto è importante non essere da soli, vi auguro di non trovarvi da soli com’è successo a me, che ci ho perso – ex colleghi – un lavoro, un reddito, un’identità sociale, una pensione, una vecchiaia ragionevolmente serena.