la grazia

foto (1)In questo periodo che sto passando ad Annaghmakerrig ho cercato di badare molto a quello che sto facendo.
Non avevo alternativa, d’altra parte: la fetta di tempo che ho a disposizione per questo progetto, in questa fase, è solo questa.
Così sono rimasta chiusa nella casina, a scrivere.

E ho capito molte cose.

La prima cosa che ho capito è stupida.
È che sono un panzer anche con le cose che non hanno a che vedere con lo studio, col giornalismo o con la scrittura non finzionale. Sono un panzer anche quando scrivo cose che invento.
Vado avanti, vado avanti, vado avanti.
Ora non mi sento troppo soddisfatta di quello che ho fatto, ma credo di avere individuato i punti e gli snodi su cui è bene che io intervenga e modifichi incastri e altre cose.
Non so quanto ci vorrà e quale sarà l’esito di questo lavoro. Ma sono fiduciosa.

La seconda cosa che ho capito è che, scrivendo in italiano ed essendo concentrata (per le restrizioni di tempo di cui dicevo) su ciò che sto facendo, mi sono concessa il privilegio di rimanere completamente esterna alle dinamiche di gruppo che si sono create.

Non le ho proprio viste. Le ho solamente percepite, e questo – sarò proprio sincera – mi è bastato.

Ho incontrato persone vere, progetti autentici, dolori e gioie di esseri umani.
Ma ho anche visto teste gloriose, ego spropositati.

E sono stata «avvisata» di alcune delle dinamiche da una persona con cui condivido il periodo di soggiorno.

Per la prima volta ieri sera ho parlato di me.
Non del mio progetto, intendo.
Di quello ho parlato a chiunque me ne abbia chiesto.
No. Ho proprio parlato di me, e con una persona che ho ascoltato sempre, in queste settimane; della cui autostima mi sono fatta volentieri carico.

A un certo punto, questa persona mi ha detto che, come sempre, le era capitato che gli altri la stavano usando come recipiente per parlare di sé, e che lei non aveva forza e che se ne andava a letto.

Sono rimasta da sola, seduta a tavola.
A pensare che ero ferita.
A pensare che devo proteggermi di più.
A pensare che sono fragile.
Ma anche a pensare che sono forte, perché qui non ho mai sentito il bisogno di crollare addosso a nessuno.

La situazione emotiva in cui mi trovo è particolare, e ho commesso qualche errore.
Bisogna stare attenti, quando escono le emozioni.
Le emozioni sono piccole cose delicate.
Vanno condivise solamente con chi le sa maneggiare con grazia, e al mondo le persone così sono poche.
Sono di più le persone che, intuita l’esistenza di un passaggio, ci entrano con gli scarponi chiodati da montagna.
Lo so che il tono di questo post non torna con ciò che sto per dire, ma vorrei mandare affanculo quelli che si sono messi gli scarponi da montagna per attraversare il mio cuore.

Per molto tempo nella mia vita ho cercato l’armonia.
Ora voglio la grazia.