e così sia

Sono qui a impacchettare una vita precedente e a immaginarne un’altra, e mi sembra di non avere fatto altro nella vita.

Sono contenta di lasciare questo luogo della mia esistenza.
Mi sento più leggera.
Questo non era il mio posto, ma ho pensato che un po’ di ostinazione non mi avrebbe danneggiato.

È andata così, in effetti: sono arrivata fino al punto in cui la svolta è arrivata da sola, e non ho più avuto nessuna possibilità di fare diversamente.
Questa è la mia specialità: lasciare scendere le cose fino al punto della pancia in cui si devono assestare.
La digestione è un processo lento, ma non mi delude mai.

Nel futuro, sarà quel che sarà.
Ma per ora sento che la svolta arriva mentre mi mantengo salda a terra.

Sto dando l’addio a questo posto cercando di ricordare mia madre qui dentro.
Lei seduta sulla poltrona.
Lei che entra.
Lei che mi saluta.
Lei che piange.

Non credo che questo posto mi mancherà.
Io mi seguo, e non sono da sola.
Mia madre mi spinge, sento chiaramente le sue mani sulla mia schiena, e la sua voce che mi dice «quant’è bell o cor e mamma soia». La vedo sorridere di approvazione, e la cosa bella è che questa è la prima occasione in cui posso permettermi il lusso di non chiedergliela. È la prima occasione in cui dovrei farne a meno. Eppure la sento.

Ascolto le musiche che ascoltavo nell’ultimo periodo della sua vita.
Lei non era ancora in ospedale, ma io sentivo già che c’era qualcosa che la stava trasportando; che non aveva più voglia di fare fatica, di provarci.

Decostruire i sensi e le memorie di una musica e di un profumo è una cosa molto difficile.
Ci sto provando.

E, per tutto quello che dentro e fuori di me si sta muovendo, che dio me la mandi buona.
Penso che sia la prima volta che prego.