chiedo scusa

Dunque (scritto apposta per irritare i profeti dell’ortodossia: quelli che «col “dunque” non si comincia mai una frase». Hanno ragione, ma oggi va così). Sul Corriere c’è una notizia che mi piace: nella sua trasmissione su Radiodue, Barbara Palombelli (invece che con un Cavalli o un Armani – che Lilli Gruber porta meglio – la vedrei benissimo in un Ralph Lauren) ha detto che «tutti avevano capito che il nuovo governo avrebbe avversato il sindaco di centrosinistra: questo ha pesato sul voto di chi gestisce molti interessi a Roma», ovvero sul voto dei «poteri forti». Quali?, le chiedono. E lei risponde che sono «i giornali eccetera: hanno tutti nome e cognome».

Può darsi che abbia veramente ragione, anche perché va pur detto che i giornali – collettivamente intesi – hanno una prodigiosa capacità di fingersi interpreti di una realtà che invece stanno deliberatamente creando, e spesso a beneficio di quelli che effettivamente uno non saprebbe come chiamare se non «poteri forti».

Però non voglio parlare di questo. In fondo al pezzo del Corriere (che parla anche di una certa ruvida euforia del direttore del Tg2 Mazza), c’è scritta un’altra cosa interessante: «Da domani», dice la Palombelli in radio, «basta politica qui in trasmissione: per alcuni giorni parleremo di libri».

Il mio libro è carino, giuro. Parla di giornalismo, c’ha un suo perché; e poi c’ho l’atout che vivo anche a meno di 50 chilometri dalla città da cui tanti del Pd dicono adesso di voler ripartire.
Cosa dici, Barbara: combiniamo?