tutte scalze alla prima

Ieri sera sulle agenzie ho visto le foto della premiere londinese di «Sex and The City-The Movie». Stamattina le ho trovate in una gallerietta di immagini – poche – su Corriere.it.

Sarah-Jessica Parker, cioè Carrie, era in un delizioso abitino verde-alga-poco-ossigenata di uno stilista che non so riconoscere e questo è abbastanza grave (nel senso che non mi fa per niente onore).
Il vestito le dona, perché fascia un corpicino che ancora accetta di buon grado la desinenza del diminutivo nonostante l’età, cosa che consola ma può anche fare un po’ di rabbia: dipende dalla stazza dell’osservatrice.

In effetti, in una delle foto della Ap viste ieri sera al lavoro il quartetto delle dive era in primo piano e subito dietro di loro, sulla sinistra, c’era una tipa piuttosto grassa – e cionondimeno con gonna al ginocchio e stivali al polpaccio – che guardava i loro fondoschiena con occhi di bragia.

Del vestito della Parker mi piace molto la linea della gonna: svasata, leggera, ampia, vaporosa. In una parola: monella.
Ma quel che è veramente, assolutamente, magicamente strepitoso nella sua mise è l’acconciatura: una specie di baschettino verdolone (che ha la forma delle nocciole di Cip e Ciop, non so se avete presente) sormontato da due rose verdi, da altre verzure, fiorellini bianchi e farfalline giallognole svolazzanti, il tutto in uno sviluppo verticale. Appena un po’ scomodo ma bellissimo. Tra l’altro mi dice sempre mia madre che una vecchia del suo paese, tanti anni fa, sosteneva che «chi di verde si ammanta, di sua beltà si vanta».

Le altre erano un po’ più sobrie solo apparentemente. Kim Cattrall-Samantha e Kristin Davis-Charlotte indossavano abiti rosso fuoco, ciascuno compatibile con la personalità del personaggio che interpretano nel telefilm (e immagino nel film).

Cynthia Nixon-Miranda, invece, era in nero, e portava una scollatura vertiginosa che di primo acchito ti faceva pensare «eh, però: alla sua età vedi che seno autoportante», e subito dopo ti conduceva alla riflessione che in un seno così piccolo l’autoportanza può perdurare fino alla senescenza inoltrata.

Ma Miranda era l’unica che ha fatto quel che doveva fare: non per il colore, ma per la lunghezza dell’abito. Sarà anche stato un appuntamento non proprio serale, d’accordo: ma l’abito al ginocchio delle altre tre proprio non andava, per me.
Un po’ perché proprio non andava di suo.
E un po’ – e questo è più grave – perché tutte e tre erano senza calze! Samantha aveva addrittura un sandaletto il cui cinturino le passava intorno alla caviglia stroncando di netto lo slancio del piede.

Le calze, invece, vanno sempre indossate; di un colore così vicino al proprio incarnato da non essere notate se non per i riflessi che prendono alla luce. E le scarpe non si portano aperte davanti, perché anche se le unghie sono ben curate e ben laccate, è una caduta di stile sia vederle occhieggiare nell’opacità della calza, obbligatoria a una premiere, sia vederle brillare en plen air.

Questa cosa dell’assenza di calze è molto anglosassone. Ci vogliono polpacci e pelle da dea per poter stare senza calze, e soprattutto le occasioni giuste: la spiaggia, una passeggiata in città, e non una prima.
Eppure, per esempio, a Temple Bar a Dublino una volta ho visto una ragazza con un paio di atroci scarpe di vernice bianca tacco dodici sul cui tallone, all’esterno, scendevano – lo giuro – rivoletti di sangue.

p.s. Tutto questo pip**** per rispondere a un amico che ieri sera m’ha detto: «Ah, carino il tuo blog. Sai cosa, però? È un po’… un po’… Ecco, è un po’ troppo schierato». Provo a rimediare a questa colpa gravissima con un tocco di frivolezza che neanche Lina Sotis.