ah che tranquillità avere l’esercito

Sarà che è domenica, o che sono pigra di mio (propendo per la seconda), oggi copio (grande novità…).

E copio non un tizio qualunque, ma l’Uomo con la Barba, il Grande Saggio. Eugenio Scalfari.
Il quale non è colpa mia se nell’attacco del suo abituale articolone domenicale copia a sua volta Giuseppe D’Avanzo. Si vede che faccio anch’io parte della famiglia (non quella dei copioni ma quella degli Eccelsi).

«“Berlusconi vuole dimostrare che per governare la crisi italiana è costretto per necessità a separare lo Stato dal diritto. Come se il Paese attraversasse una terra di nessuno.
Il soldato come questurino, il giudice come chierico, il giornalista come laudatore: sono le tre figure di una scena politica che minaccia di trasformare il senso della nostra forma costituzionale.
Sono i fantasmi di un tempo sospeso dove il governo avrà più potere e il cittadino meno diritti, meno sicurezza, meno garanzie”. Così ha scritto ieri Giuseppe D’Avanzo su questo giornale», scrive Scalfari.

«Purtroppo questo suo giudizio fotografa esattamente la realtà. Non sarà fascismo, ma certamente è un allarmante “incipit” verso una dittatura che si fa strada in tutti i settori sensibili della vita democratica, complici la debolezza dei contropoteri, la passività dell’opinione pubblica e la sonnolenta fragilità delle opposizioni».

Fino a qui sono d’accordo con lui. Ma subito dopo, Scalfari dice che l’unico argine è stato Napolitano, e qui comincio a non essere poi così d’accordo; perché Napolitano è il frutto degli infiniti accomodamenti che la sinistra ha accettato di fare nell’illusione che sarebbe riuscita a rimanere perlomeno viva, benché in coma farmacologico.
E invece, guarda un po’, mentre la destra la stava uccidendo (legittimamente, per via politica), lei stessa ha pensato che tutto sarebbe stato più facile se organizzava da sé il proprio suicidio.
Comunque, passo oltre.

«Un provvedimento analogo» (si riferisce all’impiego dell’esercito nei compiti di pubblica sicurezza) «fu preso dal governo Badoglio nei tre giorni successivi al 25 luglio del ’43 e un’altra volta nel ’47 subito dopo l’attentato a Togliatti. Da allora non era più avvenuto nulla di simile: la Pubblica sicurezza nelle strade, le Forze Armate nelle caserme, questa è la normalità democratica che si vuole modificare con intenti assai più vasti d’un semplice quanto inutile supporto alla Pubblica sicurezza».

Fin qui, tragicamente, a proposito di ciò che Scalfari chiama «allarmante incipit di una dittatura».
Ma copio ancora. Stavolta sulle intercettazioni.
«C’è divieto assoluto alla pubblicazione di notizie fin all’inizio del dibattimento. Il deposito degli atti in cancelleria non attenua il divieto. Perché? Se le parti in causa o alcune di esse vogliono pubblicizzare gli atti in loro possesso ne sono impedite. Perché? Non si invochi la presunzione di innocenza poiché se questa fosse la motivazione del divieto bisognerebbe aspettare la sentenza definitiva della Cassazione. Dunque il motivo della secretazione è un altro, ma quale? In realtà il divieto non è soltanto contro giornali e giornalisti ma contro il formarsi della pubblica opinione, cioè contro un elemento basilare della democrazia».

Il mio bignami si ferma qui. Vado a piangere sul mio piatto di pasta.