vomitata fuori dall’olimpo

non_e_un_paese_per_fragiliPrima tutti pronti a stupirci che a dispetto della sua bruttezza questa donna abbia un vocino angelico e canti come un cherubino.
Prima tutti pronti a dire che «oh, ci eravamo sbagliati! L’aspetto fisico non è tutto! Cara Susan, ti chiediamo scusa: tu sei bravissima, hai tutto il nostro consenso, sei entrata nei nostri cuori».

Poi, quando – dopo una vita da sfigata – l’abbiamo messa in condizione di crederci veramente, ecco che la abbandoniamo.
Le abbiamo fatto credere che era la migliore perché faceva comodo alla costruzione della nostra favola con cui ipnotizzare spettatori e pubblico; e poi – quando lei scopre che nella migliore delle ipotesi è solamente seconda – ci stupiamo che le cedano i nervi.

Nella nostra macchina del consenso maciulliamo le storie delle persone, e poi alziamo le mani e diciamo «non c’entriamo, non è colpa nostra». tanto che gli organizzatori del programma inglese dicono adesso che sono addirittura preoccupati per la povera Susan.

Non si può scherzare con le storie della gente.
Anche quelli che sembrano reggere l’impatto – e penso ai tanti microbi dei tanti grandi fratelli o degli altri cosiddetti reality show – alla fine si schiantano contro un’immagine di sé da cui non riescono a staccarsi.
Ci credono veramente, al fatto che non sono più le merde insignificanti che credevano di essere; ci credono, al fatto che adesso sono diventati importanti.

Ma poi la gente si dimentica anche di loro, anche se sono andati in Sardegna alle feste del capo.
E altri microbi nuovi si affacciano.
Tante nuove Susan Boyle.
Che, almeno, aveva il pregio di essere – eventualmente – brutta fuori.
Gli altri fanno i conti con la loro bruttezza in segreto, perchè ce l’hanno dentro, e fuori c’hanno invece le tette e ogni altra protuberanza a posto.