appunti per una cristologia berlusconiana

la_mascheraIn una frase come «se nascerà un nuovo clima politico, il mio dolore non sarà stato inutile», c’è un’ambiguità di fondo che apre la strada a un simbolismo forse grossolano ma, sciaguratamente, efficace.

«Dolore» ha un duplice senso, come tutti sappiamo.
C’è il dolore fisico, e c’è quello morale.
Nell’accezione in cui Berlusconi sembra però utilizzare la parola, la forza risiede nella conglomerazione di entrambi i risvolti semantici in un unico sintetico lemma: «dolore», appunto.

Uscendo dall’ospedale con quella sghemba maschera bianca che sfigura lineamenti già di per sé alterati e disordinatamente estroflessi da decenni di rimodellamento artificiale, e salutando da quella macchina con una mano ieratica e benedicente secondo l’iconografia bizantina, il «dolore» al quale Berlusconi fa riferimento non si limita a riferirsi al puro senso di afflizione fisica o al versamento e all’ostensione del suo sangue.

Non avrebbe alcun senso che un uomo-simbolo come lui intendesse solo dirci: «Sapeste quanto ho fisicamente sofferto, per favore consolatemi».
Lui sta cercando di dirci che il «dolore» di cui parla ha un’enorme componente di prostrazione morale.

Quel suo «dolore» certamente ingloba entrambi i sensi – corporale e morale – per crearne un terzo, di stampo martirologico-sacrificale.

Io ho provato dolore fisico, dice, per causa di un odio che mi ha provocato un dolore morale.
A questo «dolore morale» posso dare un senso che ne trascenda la dimensione congiunturale solo se avrete rispetto di questa mia profonda costernazione.

Il mio duplice dolore fisico e morale avrà un senso se servirà almeno a salvarvi.
Il versamento del mio sangue che tutti avete visto avrà un senso se nel mio nome, se in nome del mio «dolore», voi moltissimi che mi amate e voi pochissimi che mi odiate vi disporrete a un negoziato di pacificazione in grazia del quale a nessun altro cuore e a nessun altro corpo possa venire inflitto il sacrificio al quale io martire ho dovuto accettare di sottostare per amor vostro.

È un Berlusconi che si è fatto carne e si è sottoposto a tutte le ingiurie di cui la carne di un corpo può cadere vittima; un Berlusconi-Cristo che si è fatto uomo e ha peccato, ma ha sofferto per noi; per darci la chiave che apre la porta alla salvezza, e sarei quasi tentata di mettere la «s» maiuscola.

La dinamica interna implica che la pacificazione si possa fare esclusivamente alle condizioni di Colui che, mostrandoci il Suo sangue, ci ha indicato il nostro errore.
Non c’è mediazione, non c’è ascolto di altri, non c’è nessun altro terreno su cui sia possibile intendersi.

Penso che stia arrivando a compimento un processo che si è svolto sotto i nostri occhi senza che noi ne avessimo percezione momento per momento.
E penso che questo processo abbia cambiato ulteriormente le coordinate spazio-temporali di ogni (im)possibile discorso politico, ormai reso – da questo processo – tragicamente insignificante.

Siamo molto al di là della propaganda, credo.
Siamo al discrimine definitivo.
Chi parlerà di contenuti non sarà ascoltato se non saprà nascondere, vulnerare, annullare, stemperare, annacquare e disciogliere quei contenuti in una dimensione simbolica i cui estremi di codifica sono stati fissati da altri.

Da Silvio-Cristo e dai Discepoli che ne testimoniano le virtù sacramentali.

Credo che in estrema sintesi sia questo, esattamente questo, ciò che rende a me completamente impossibile interloquire seriamente con uno solo dei contenuti berlusconiani, trovarmi d’accordo con una sola delle sue affermazioni.