al campo giochi

Prima mamma: «Dove lo mandi, tuo figlio, l’anno prossimo?».
Seconda mamma: «In quali medie, intendi?».
Prima mamma: «Sì, dico in quali medie».
Seconda mamma: «L’ho iscritto alla scuola Pippo Pappi».
Prima mamma: «Ah, sì, ci ho mandato anche i miei».
Seconda mamma (pensiero): «O cazzo».
Seconda mamma (parole): «E come si trovano?».
Prima mamma: «Bene, è una bella scuola. Ma come mai l’hai iscritto lì e non alla scuola di quartiere?».

Seconda mamma: «Perché speravo che si liberasse di qualcuno dei suoi compagni di scuola e delle loro madri. A volte quando vado a prenderlo a scuola vorrei avere un lanciafiamme».
Prima mamma: «No, lì alla Pippo Pappi c’è gente varia, in effetti. Anche gente che viene dalla provincia».
Seconda mamma: «Sì, infatti. Siccome se ce n’è bisogno i ragazzi possono stare a scuola fino alle sette di sera, ho pensato che almeno mio figlio avrà in classe figli di lavoratori, e non figli di cagoni con otto case al mare che vivono in una realtà parallela. E siccome la Pippo Pappi è una scuola pubblica e questi servizi si pagano relativamente poco, è più facile che ci siano compagni normali».

Prima mamma: «Eh, non so. Ma soprattutto sai cosa c’è di buono alla Pippo Pappi?».
Seconda mamma (con accenno di premonizione): «No».
Prima mamma: «Che non c’è neanche un extracomunitario».
Seconda mamma: «…».

Penso che la prima mamma sia una razzista di merda.
Penso che i suoi figli sono e saranno razzisti di merda.
Penso che allevare bambini razzisti sia un atto imperdonabile.
Penso che questa gente meriterebbe di vivere in un Paese dove c’è la guerra, perché l’odio che porta dentro è tale per cui può trovare sfogo solo nelle armi.
I loro figli porteranno la guerra.