il giornalismo, l’audience e l’autore tv

Ho letto un sacco di commenti dappertutto, e sono passate solamente poche ore. Alcuni commenti mi sono sembrati almeno in parte idioti; altri inutilmente piccati; altri stranamente delusi.
Metto qui il link all’intervento integrale così ognuno può pure farsi la propria idea.
Quando poi capisco meglio qual è la mia, magari la scrivo.

Per ora, non me la sento di esprimere niente di più che questi due concetti, che sotto preciso meglio: che sentire Santoro definirsi «autore televisivo» non mi piace; e che nemmeno mi piace che parli del suo «pubblico» come di un’entità che, unica, ha il diritto di giudizio su di lui.

Per me lui resta un «giornalista». Se si sente autore televisivo, per carità: problema suo. Ma non sono sicura che un «autore televisivo» possa parlare di libertà di stampa dallo stesso identico punto di vista di un giornalista.

Quanto al «pubblico», io – che ammetto di essere all’antica – preferisco chiamarlo «cittadini».
E non sono affatto sensibile all’argomento aziendalista secondo il quale se un programma – un giornale, un sito… – ha molti ascoltatori o lettori, beh, allora quel programma/giornale/sito ha ragione.
Fare audience/vendere copie è il mestiere degli uffici diffusione.
Non quello di un giornalista.
Un giornalista può – e mi verrebbe quasi quasi da dire che deve – occuparsi di cose che non fanno grandi ascolti.

Un giornalista deve dare voce a chi non l’ha, a chi non trova vie per parlare.
Deve raccontare ciò che non si vede.
Deve spiegare, per esempio, anche le delibere dei piccoli comuni, perché i cittadini hanno il diritto di sapere e di capire.

Dire che lo «share» o il numero di lettori è condizione necessaria e – ahimé – sufficiente a decretare la validità di un «prodotto» giornalistico è negare in radice la natura del «prodotto» giornalistico e classificarlo come intrattenimento, o come un «bene» dalle caratteristiche quantificabili.

Certo: meglio essere visti/letti/seguìti da miliardi di cittadini.
Però, per esempio, credo che il porno venda moltissimo; che i programmi porno vadano fortissimo.
Ma non sono giornalismo.

L’audience non è la misura della democrazia.
È solo la misura dei soldi, del denaro che guadagna la pubblicità.
Ed è anche la misura della fama.

Ma tutto questo col giornalismo non c’entra un accidenti.

Post scriptum: quest’appello a che gli sia chiesto di restare perché Annozero è «la perla del servizio pubblico» mi sembra una deriva savianiana.
Però mica capisco perché quelli che adesso si incazzano con Santoro son quelli che difendono Saviano quando fa la stessa cosa pretendendo che i dipendenti Mondadori si pronuncino sulla sua libertà di scrivere.