catherine dunne dà i compiti per casa

Ed eccomi su una panchina a St. Stephen’s Green, di fianco a due tardonine biondizzate che si mettono il lucidalabbra.
Sono appena uscita dal primo dei due giorni di seminari di scrittura creativa con Catherine Dunne all’Irish Writers’ Centre.
C’è stato un momento in cui ho avuto l’impressione che sarei morta direttamente lì, uccisa dal rumore di parole velocissime che si rincorrevano l’una con l’altra.

Tutte donne, naturalmente.
Chi più, chi meno, tutte straveloci nel parlare.
Vorrei tanto raccontare come s’è svolta questa giornata.
Vorrei tanto ma proprio tanto.
Peccato che tutto il tempo che ho di qui a domattina dovrò impegnarlo facendo una traduzione minimamente decente dall’italiano all’inglese dell’incipit della cosa che sto scrivendo in questo periodo.

È il compito che mi è stato affidato da Mrs. Dunne in persona.
«Prima ce lo leggi in italiano», ha detto, «e poi ce lo leggi tradotto».
Le altre ridacchiavano, che bello che bello.

Ci son momenti in cui mi domando perché la mia modalità di azione nella vita è la sfida costante a me stessa. Perché pretendo da me sempre di più, e di più, e di più, e poi ancora di più. Alzo l’asticella, prendo la rincorsa e salto.

Le due tardone si sono alzate.
Adesso sulla panchina ci sono due fidanzate che fanno uno spuntino.
Se per di qua passasse un vigile di Verona farebbe multe al mondo: i prati sono strapieni di gente seduta e distesa che parla mangia legge e fuma.
Non c’è nessun cartello «vietato sedersi sull’erba vietato mangiare vietato bere».

P.s. Se ci sono errori chiedo scusa: le condizioni di luce sono proibitive; fatico a vedere il monitor.