quattro rilievi e cinque domande

Saviano va al festival dell’economia (oggesù) e dice che

anche le regole della poesia aiutano a tirare fuori il meglio di noi,

ma anche che

conoscere ci trasforma. È oggi è importante pensare e sognare un paese diverso.

Da qui, da sotto le coperte irlandesi, con una testa che fa i mulinelli, dico quattro cose:

a) che cosa vuol dire il riferimento alla poesia?

b) Se conoscere ci trasforma, perché dopo aver saputo tutte le cose che abbiamo saputo Berlusconi ha rivinto le elezioni? (Riconosco che è l’obiezione più banale, ma anche la sua frase non è per niente male).

c) Più che «pensare e sognare un Paese diverso» non sarebbe meglio progettarlo? Perché la differenza fra la suggestione e l’idea a me sembra che stia proprio lì. Però, siccome in assenza di politica non si può che «pensare e sognare», ci teniamo i profeti che pensano e sognano un paese diverso mentre noi, magari, ci facciamo i nostri pòrci comodi e gli facciamo tanti tanti applausi.

d) Ma riesce – mi domandavo infine – a mettere un limitatore di giri, o un rallentatore di ego? Forse potrebbe essere utile.
Perlomeno a metterlo in condizione di dare a se stesso una risposta a una domanda fondamentale, per chi parla di Parola con la maiuscola.

La domanda – che poi son cinque – sarebbe(ro) questa/e: ma che diavolo significa quello che sto dicendo?
Da che parte conduce?
Che obiettivo persegue?
Che senso ha?
A chi sto parlando?