la qua-meri-li-quant-oggett-test-ivi-ità (in cu** i poveri)

Da un articolo firmato su Repubblica.it:

il progetto…

ROMA – Pagelle in arrivo per scuole e insegnanti. Ma non solo: borse di studio in base al merito, e non più in base al reddito, e studenti sottoposti a test oggettivi standard due volte all’anno, per verificare proprio l’operato degli insegnanti.

Insomma: niente più fannulloni dietro la cattedra. Il tutto sarà accompagnato da un (probabile) ulteriore taglio alle ore di lezione.

Nel presentare oggi il progetto “Qualità e merito“, il ministro dell’Istruzione, Mariastella Gelmini, ha indicato la strada che percorrerà la scuola italiana nei prossimi anni.

E cioè: più qualità e meno quantità e, soprattutto, largo al merito.

Mi fa grande impressione l’assoluta assenza di rielaborazione critica dell’Augusto Pensiero Ministeriale.

l’oggettività

Cioè.
I test sono «oggettivi», ci mancherebbe altro.
E che sarà mai se su questa faccenda dell’oggettività – esiste? Non esiste? – si sono costruiti edifici fondamentali nell’architettura della storia del pensiero.
Che sarà mai se i numeri sono quanto di più adatto esista a non dire la verità, per esempio, e proprio in forza della presunzione della loro esattezza (loro sono esatti, sì. Ma la connessione fra numeri per trarne conclusioni è un’altra questione; quella non può essere «esatta»).

i castigamatti dei «fannulloni»

«Niente più fannulloni dietro la cattedra», dice l’estensore dell’articolo. Non lo virgoletta come un’affermazione del ministro. Lo dice lui.
Dunque pensa che dietro la cattedra attualmente ci siano fannulloni.
Che «fannulloni» sia un sostantivo che ben descrive la complessità delle relazioni sui luoghi di lavoro, la complessità delle relazioni tra chi insegna e chi apprende.
Che i «test oggettivi standard» siano efficaci nel raggiungere il chimerico obiettivo di normalizzare prestazioni, risultati, intelligenze.

largo al merito

Il ministro, ci dice, ha indicato la strada: «più qualità e meno quantità e, soprattutto, largo al merito».
Anche qui, niente virgolette.
Non parla il ministro.
Parla il giornalista.
Garantisce lui.

«qualità» da contestualizzare

Garantisce lui, senza tuttavia che in tutto questo gli sembri problematico lo snodo fondamentale del rapporto fra quantità e qualità.
È quantificabile la qualità?
È «standard», la qualità?
O – qui come altrove – stiamo parlando d’altro? Magari di una «qualità» da contestualizzare all’interno di un regime di priorità politicamente e ideologicamente ben contrassegnato?

il punto di vista

Per carità: non starò qui a sostenere che «quantificare» non abbia una sua qualche utilità.
Ma bisognerebbe almeno cominciare a capire da quale punto di vista guardiamo alle cose.

il «buon senso» non si spiega da sé

Perché sottintendere che tutti siamo d’accordo su affermazioni che – solo perché non vengono mai spiegate fino in fondo – si pretende vengano considerate lapalissiane nel loro elementare buon senso non fa onore all’intelligenza di nessuno, secondo me.

il reddito

Tre ulteriori e piccole considerazioni.

In primo luogo, mi colpisce l’affermazione nella quale si dice che le borse di studio premieranno il merito e non saranno assegnate in base al reddito.

largo ai ricchi «incapaci»

Il risvolto in ombra di questa frase apparentemente così benigna e – appunto – di buon senso (chi potrebbe contestarne l’apparente sensatezza?) è che i ricchi «incapaci» potranno continuare a studiare perché se anche non avranno borse di studio avranno borse di mamma e papà. I poveri «incapaci» no.
Dunque, se il problema fosse veramente ridurre o debellare chi non merita (e mi tocca sempre domandare: chi non merita a giudizio di chi?), con questa novità avremmo solo ottenuto l’aumento (se non assoluto, quantomeno relativo) degli studenti «incapaci» ricchi.

i ricchi non si toccano

Dice: ma quelli c’erano anche prima.
Certo.
Ma attestare formalmente, attraverso una norma, la prassi che i ricchi non si toccano non mi pare un bel punto.

meno ore di lezione

In secondo luogo, m’impressiona che si possa ritenere che l’obiettivo della «qualità» (rabbrividisco per l’assenza di specificazioni ulteriori, per la pretesa di oggettività) sia raggiungibile attraverso una diminuzione della quantità delle ore di lezione.

i bravi non vanno rallentati

Sì, certo.
Molti, pure a sinistra (sì, d’accordo, lo so…), diranno che cacciare i «fannulloni» consentirà di ottimizzare i tempi.
E altri potranno anche sostenere che – per esempio, che so – riportare gli handicappati nelle scuole speciali fa risparmiare un sacco di tempo alle classi «normali», i cui studenti, poffarre, hanno il diritto di non essere rallentati nell’apprendimento.

chi decide?

Ma io continuo a pensare che il problema è sempre quello: chi decide che qualcuno è «fannullone», in base a quali criteri, con quali obiettivi.

la «top chart»

Infine.
Il catenaccio del pezzo dice:

Il ministro illustra la strada che la scuola percorrerà nei prossimi anni. Per arrivare a una classifica delle medie e delle superiori

A cosa serve, veramente, una classifica?
Qual è l’utilità di una classifica?
A dare i soldi alle scuole «normalizzate» e a tagliare i finanziamenti alle scuole «insufficienti»?
E «insufficienti» secondo chi?

in attesa dei play-off

E dove andranno a scuola, per esempio, gli handicappati?
In scuole alte nella classifica?
In serie A?
E dove andranno a scuola i figli dei ricchi?

il classismo

Mi sbaglierò, ma a me tutta questa roba qui a me sembra volgare riduzionismo classista.

l’operaio? che muoia per strada (lontano da noi, grazie<)

Mi pare la messa in pratica dell’affermazione agghiacciante che fece Berlusconi nel faccia a faccia del 3 aprile 2006 con Prodi: quella che fissava due punti.
Che la redistribuzione del reddito non deve essere compito che la politica possa perseguire attraverso lo strumento della tassazione, e che dare al figlio dell’operaio le stesse opportunità che ha il figlio del professionista è una gravissima distorsione egualitarista dei «signori della sinistra».

lo spezzone

Chi se ne fosse dimenticato, ne troverà un pezzetto nel video qui sotto.
Chiedo scusa per la ripetizione dell’ultima frase del video. È fastidiosa, lo so.