noi siamo giovani, voi pieni di rughe e fate schifo

Voglio brevemente tornare sulla questione dello sciopero contro il disegno di legge sulla pubblicabilità delle intercettazioni perché c’è un punto che mi interessa affrontare.
Leggo su Facebook, oggi, una nota in cui Arianna Ciccone – a cui si deve l’appello a che editori e giornalisti si astengano dallo scioperare ma preferiscano casomai raddoppiare l’informazione – controreplica al segretario generale della Fnsi Franco Siddi.

Siddi aveva sostenuto che, per proclamare ed eventualmente revocare uno sciopero, il sindacato ha tempi e modi tipici di un’organizzazione complessa e (tendenzialmente) rappresentativa; e che perciò – anche a non voler entrare nel merito dell’appello – i pochi giorni che rimanevano fra l’appello e lo sciopero potevano non bastare a convocare gli organismi deputati a decidere (quelli che un gruppo su Facebook non ha in effetti generalmente bisogno di convocare per decidere alcunché, più simile com’è a una forma di «democrazia diretta» che a una di democrazia rappresentativa).

Arianna Ciccone coglie l’occasione per replicare sostenendo che non è vero che «la rete non è il mondo», e che anzi essa «è molto di più».

A parte che continuare a fare quelli che «noi siamo il futuro e voi siete il passato», o «noi siamo quelli “veri” della stampa e voi siete quelli “finti” della rete» non porta da nessuna parte (forse solo al consolidamento delle proprie identità nei pezzi di mondo di cui ci si sente riferimento), vorrei dire che c’è – nella controreplica – una frase fronte alla quale io non posso fare altro che disperarmi.
Sì.
Disperarmi.

Eccola: «Nella rete vivono migliaia di persone che non intendono essere messe a tacere. La loro maggioranza è fatta da giovani, per i quali il linguaggio dello sciopero, come minimo, è antiquato».

Giovanilismo.
Dileggio.
Ecco che cos’è.
«Il linguaggio dello sciopero» è antiquato.
Naturalmente, è antiquato perché non c’abbiamo il contratto e allora insomma non è che possiamo pensare di scioperare per difendere cioè i garantiti, noi che invece cioè non possiamo pianificare niente, cioè.

Sempre così.
Anche qui: le responsabilità sono orizzontali.
Se i giornalisti più giovani di me non hanno il lavoro è colpa mia che ce l’ho e perciò che cappero voglio, io che pretenderei anche di parlare.
Quanto agli editori, mica sono loro la nostra controparte. No.
Loro vorrebbero tanto far funzionare bene bene le cose, ma purtroppo ci sono i garantiti, le «sacche di inefficienza», oh, sì, le «sacche di inefficienza» di «voi garantiti», e allora noi poverini cosa dovremmo fare, eh, fare la lotta per voi, eh?
Viva la guerra fra i poveri.

Che tristezza.