la casa di marie, o l’«effetto-metropoli»


«Oltrepassa la rotonda», mi dice dietro il vetro la signora della Posta, «e gira alla… mmh… prima, no. Gira alla seconda, sì, alla seconda a sinistra, e poi è… aspetta… la casa di Mary è la… uno, due, tre, quattro, cinque», la signora della Posta socchiude gli occhi per pensare meglio, «… è circa la decima della strada».

Avevo chiamato Mary al telefono poco prima.
«Siamo davanti alla posta di Lisnagry», le avevo detto, «giusto di fronte alla scuola. Che strada devo fare?».
Lei aveva cominciato a dire che dovevamo andare dritti, e poi mi aveva detto «ma se sei alla Posta, vai dalla signora della Posta. Lei mi conosce e ti spiega».

Nell’ufficio postale c’era un banco lungo lungo con un vetro. Al di là del vetro, oltre una porta, si vedeva l’appartamento della signora della Posta. Un soggiorno minuscolo, l’intuizione di qualche altra stanza.
Non c’era nessuno.
«Ring the bell», c’era scritto.
Lei è uscita sorridente, caschetto di capelli grigi.
Quando ha finito di parlare con me, toccava a una tipa che aveva in mano il passaporto.
Marca da bollo?
Ci saranno le marche da bollo, in Irlanda?

Ci siamo rimessi in macchina seguendo le indicazioni.
La seconda a sinistra non arrivava mai.
Poi è comparsa.
La prima casa, la seconda, la terza.
A un certo punto abbiamo perso il conto.
Una donna camminava nella direzione opposta.
«Scusi», le ha chiesto Marco. «Sa dov’è la casa di Mary Jones?».
La signora ha aggrottato le sopracciglia.
«Mary? Sicuri? Non è che intendete Marie? Avanti c’è una casa gialla; dopo ce n’è un’altra. Di fronte c’è la casa di Marie».