soldi (le altre due esse non ci sono)


Ultima mezza giornata a Listowel per il Writers’ festival.
Dopo aver posteggiato, abbiamo incrociato Joseph O’Connor con una donna.
Erano carini, sorridenti.

Stamattima andremo qui e qui.
Ieri, il reading di David Sedaris è stato non so bene come dire.
Deludente.
Banale.
Cabaret alla ricerca dell’applauso.

Non so. Forse è il mio gusto.

Imbarazzante, invece, il reading di Alice Sebold, che incurante di tutti i segnali che la sua lingua le dava, inciampando progressivamente sempre più spesso sugli spigoli delle parole, ha deciso di leggere un inedito della durata record di circa un’ora.
Domande, pochissime.
E qui non si capisce se il problema è organizzativo o se è stata lei a decidere così, senza consultarsi con nessuno o magari imponendosi su tutti.

Però è stato un peccato. È una donna che ha cose da dire. La prima frase del suo romanzo «The almost moon» è «Quando tutto fu detto e fatto, uccidere mia madre mi risultò più facile». Le han chiesto perché avesse scritto una frase così, e lei – con quella sua faccia da dark francese, bianco latte e labbra rosse – ha risposto che nessun individuo è completamente libero fino a quando non sono morti i suoi genitori».

Che è una prospettiva appena provocatoria e radicale, ma – nella sua essenza crudele – tragicamente vera. E dico tragicamente perché vale per noi da figli, ma anche per noi da genitori.

Stamattina il proprietario del bed and breakfast – che oltre ad avere galli e galline ha anche un pavone con una ruota gigantesca – s’è presentato con sessanta euro.
«Sono vostri», ha detto. «Io sul sito pubblicizzavo un’offerta speciale per il festival di Listowel, e voi avete pagato la tariffa intera. Così vi restituisco l’eccedenza».

Mi piace pensare che mi sia tornato indietro un mio gesto di ieri sera, quando – acquistando prima del concerto-recital di Joseph O’Connor con Philip King e gli Scullion la locandina del festival per cinque euro – ho dato una banconota da venti e mi son vista dare di resto quattro banconote da cinque.
«C’è un errore», ho detto.
«No. Lei mi ha dato solo venti!», mi ha detto la tipa che vendeva.
«Sì, ma devo pagarne cinque. Lei mi deve dare quindici, non venti».
Maire, dell’organizzazione, era lì e mi ha abbracciato dicendomi che ero onesta.
La libraia, poco distante, ha detto: «È italiana, ma…».

Lì per lì ho fatto finta di niente.
Due minuti dopo son tornata.
«Sono italiana E sono onesta, cara libraia. Il fatto che il mio Paese abbia il presidente del Consiglio che ha non l’autorizza a credere che io sia un’eccezione».
No, naturalmente lei sa che l’Italia è magica, darling, e ci mancherebbe altro che, ma no, lei intendeva che insomma, no, in Italia ci sono un sacco di piccoli negozi e non tutti quei department stores, e in Italia i vecchi li teniamo in casa con noi, mica li trattiamo male come in Irlanda.
Ma vaffanculo, va’.

Il video si riferisce a un pezzo che O’Connor ha fatto ieri sera.
Delizioso.