indifferenti o moralisti?

Dicono qui che un uomo è morto a Ostia.
Il suo corpo, coperto da un telo, è rimasto disteso sulla spiaggia per qualche ora – si legge – vegliato da tre agenti di polizia.

«Tutt’attorno, la gente non si è mossa dai lettini.

Dunque, la gente che avesse voluto comportarsi bene si sarebbe dovuta muovere. Ma per fare che?
Non so.

In molti hanno perfino fatto il bagno a pochi metri da quel lenzuolo che proteggeva dagli sguardi il corpo senza vita.

Allora. Muoversi sì, ma non fare il bagno.
Non, perlomeno, a pochi metri. Meglio andare a nuotare lontano.

Un nuovo caso di indifferenza su una spiaggia affollata dai bagnanti.


Il problema è dunque l’indifferenza.
Cosa si sarebbe dovuto fare, per non essere indifferenti?
Alzarsi e andarsene sarebbe stato un comportamento sufficientemente rispettoso?
Si sarebbero dovuti consolare i familiari?
No. Questo no.

Mentre la moglie e la figlia del sessantenne, testimoni della tragedia, erano state appena accompagnate in ospedale, sotto choc, la vita tra ombrelloni e sdraio è andata avanti come se nulla fosse.

Volendo dimostrare che, invece, qualcosa – eccome: la morte di un uomo – era successo, cosa si sarebbe dovuto fare?
Il giornale non ce lo dice.
Non ce n’è bisogno. Non ci interessa un accidenti di quel che si sarebbe dovuto fare.

Il pezzo ci serve solo ed esclusivamente a dire cose come «hai visto dove siamo arrivati? Un uomo muore e gli altri se ne fregano».
Sottintendendo che noi, eccheddiavolo, noi non ce ne saremmo fregati. Eh, no. Noi no. Cos’avremmo fatto non sappiamo. Di sicuro non ce ne saremmo fregati.

Le fotografie descrivono molto meglio di tante parole la scena: gli agenti, accorsi inutilmente insieme agli infermieri di un’ambulanza, controllano la situazione in attesa dell’arrivo della Mortuaria.

Sembra proprio la tipica situazione in cui non si può fare niente.
Eppure, invece, forse…

Ma loro, i pendolari della domenica in cerca di un po’ di fresco lontani dalla canicola della città, rimangono lì a guardare la risacca, a leggere, a discutere. Mentre passano i minuti, le ore. E il corpo di Bangi è a pochi metri da loro.

Almeno non si fossero messi a discutere, insomma.
Almeno si fossero allontanati.
Almeno non avessero guardato la risacca.

Per la stagione balneare laziale è l’ennesimo dramma, questa volta acuito dall’indifferenza.

Un dramma per la stagione balneare?
Oh, povera stagione balneare che vive tanti drammi.
E questa volta, un dramma «acuito dall’indifferenza», addirittura.

Io non c’ero. Però ogni volta che leggo queste cose mi domando quale sarebbe stato il comportamento giusto.
Avvicinarsi? Allontanarsi? Dire il rosario? Pregare? Chiamare il prete? Non parlare più? Andarsene? Mettersi la camicia?
Qual è il comportamento corretto, quando la vita ci mette accanto alla morte?
Ignorarla? Sublimarla? Fuggire di fronte all’oscenità e all’orrore di un corpo senza respiro? Ricostruire la morte come un evento retorico?

Siamo spesso indifferenti alla vita della maggior parte delle persone che attraversano i nostri giorni.
Perché la vita dovrebbe interessarci in modo speciale quando se ne va da qualcuno che non conosciamo nemmeno?

E se l’osceno della morte ci terrorizzasse?
Se la cosiddetta indifferenza fosse il segno della nostra paura?