milano è donna, e ha bisogno dell’analista

Che si possano scrivere – e soprattutto pensare seriamente – cose come

Questa città, diventata così succube di Roma che ha visto i suoi uomini politici sempre più risucchiati e integrati nella macchina del potere romano, che ha assistito impotente allo svuotamento di Malpensa e al quasi commissariamento dell’Expo 2015, che si sta sfinendo in un interminabile dibattito sul piano di governo del territorio, questa città, dicevamo, che ha ancora nelle sue viscere l’energia, l’intelletto e la conoscenza per fermare uno scivolamento verso il basso, può rilanciare il merito, l’efficienza, lo spirito solidale e farli diventare punti di forza per il rilancio

fa una grande impressione.
La macchina del potere romano… Noi (loro) milanesi subordinati e schiavi eppure ancora pronti per un «rilancio» sulla strada del «merito»… L’educata indignazione per il «furto» di Malpensa e dell’Expo…

Il Corriere della sera, e sempre per voce della stessa persona, parla da mesi – invito a leggere qui – di milanesità come categoria dello spirito, rilanciando schematizzazioni ideologiche antimeridionaliste e retoriche efficientistico-moderniste, magnificando le doti emotive di una città che assume identità personificata.

Ma come nel caso dell’altro mio post qui linkato, a trasmettere l’assenza di senso delle parole contribuiscono paradossalmente bene le immagini che quelle parole pretendono di illustrare e sintetizzare; per far capire quanto ideologico sia ciò che si pretende di definire discorso, se non addirittura, come in questo caso, «manifesto», la gerarchizzazione iconografica delle priorità di una sequenza di parole prive di autenticità è assolutamente perfetta.

Basta guardare l’immagine che illustra il post, pubblicata per esteso qui sotto l’eloquentissimo titolo di «decalogo»: come se bastassero tre cervelli, dieci punti, e il gioco è fatto.
Leggetelo, vi prego, quel decalogo.

Leggete il punto 4, dove si riesce ad attestare l’esistenza di una «città dei gruppi etnici» accanto a una «città della finanza», e niente si dice del modo in cui queste entità arbitrariamente definite come autonome e significative possano mettersi l’una in relazione con l’altra, attraverso quale soggetto mediatore, per mezzo di quale intervento politico, indirizzato a quale fine ottenuto con quali mezzi.

«Milano ricostruisca ponti tra le varie città (della fiera, della moda, della finanza, dei gruppi etnici, delle periferie e del centro storico, dei giovani e degli anziani) per un rinnovato patto civico.

Leggete il punto 1, anche. In cui tutto quel che serve sembra sia un bravo psicoanalista capace di «rimuovere i blocchi psicologici» (i blocchi psicologici di una città???).

MIlano ricerchi e ritrovi il suo orgoglio e la sua anima. Bisogna rimuovere i blocchi psicologici e liberare le energie di una città capace di pensare in grande.

Ora.
Escludendo di poter portare uno alla volta i milanesi da quel bravo psicoanalista, a me viene in mente che l’unico modo attraverso il quale un’entità astratta come una città può ritrovare ciò che evidentemente viene considerato positivo tout-court senza che sia necessaria alcuna articolazione ulteriore del pensiero (e parlo dell’«orgoglio») è l’individuazione di un generico «altro» di comodo al quale attribuire secondo la bisogna le caratteristiche negative che non si vogliono più riconoscere in sé.

Come può una città essere «orgogliosa di sé» se non guardandosi intorno e dicendo «ah, resto sempre la migliore»?
Come può, questa, non essere un’operazione ideologica?
Come può, quest’operazione, considerarsi diversa dalla costruzione dell’epica nordista che ha caratterizzato la «poetica» della Lega nord ed è diventata – e questo decalogo ben lo dimostra, insieme a mille e mille altri fenomeni – vulgata da sbattere in faccia ora a Roma ladrona, ora ai meridionali incompetenti, ora ai siciliani mafiosi, ora ai campani sporcaccioni e pieni di immondizia, ora ai terroni assistiti?

Ma è possibile – mi domando – che l’assurdità di un’operazione come questa la veda solo io?
È possibile – mi domando – che tutti questi piccoli re e principini appaiano tragicamente nudi solo a me?