gli uomini non aiutano in casa

Non conoscevo Germaine Greer, e non ho intenzione di vantarmene.
L’ho conosciuta ieri, qui alla Writers’ Week di Listowel.

Prima di sentire l’intervista che, in un’affollatissima sala, le ha fatto il giornalista della Rte, la radiotelevisione nazionale irlandese, l’avevo incontrata per caso, senza riconoscerla.
C’era un tavolo rotondo attorno al quale c’era solamente lei.
Io cercavo un posto dove sedermi per qualche minuto.
Le ho chiesto se potevo sedermi lì.
Lei mi ha guardato a lungo in silenzio, spostando ripetutamente gli occhi dalla cima dei miei capelli alla punta delle mie scarpe da pioggia, e poi ha detto rassegnatamente «sì».

«Sempreché non le dispiaccia», le ho detto.
«Il tavolo è mio quanto suo», ha risposto senza un sorriso.
Ho preso e me ne sono andata.

Non dico che si debba essere amichevoli. Uno può avere un umore non adatto; può essere preoccupato per qualcosa. Ma un incontro è un incontro, e qualunque persona merita un sorriso.

Poi l’ho sentita all’intervista.
Una show-woman che parlava per l’applauso.
Alcune delle cose che diceva a proposito delle donne – è una femminista di quelle che in Italia amiamo definire «storica», e forse nell’aggettivo c’è perfino un’ombra di odioso disprezzo – avevano senso, erano vere.
Appartiene al patrimonio comune delle donne la consapevolezza che ci sono poche donne in posizione di potere, o che i salari delle donne sono mediamente inferiori a quelli degli uomini.

Applauditissime affermazioni come «gli uomini non sono necessari», o «gli uomini aiutano poco in casa»; domande come «alzi la mano chi ha un marito che cucina»; frasi come «tutti i matrimoni sono felici fino a quando non finiscono» (la domanda era «cosa pensa dei matrimoni felici?»); o «il figlio di Margaret Thatcher» – sic et simpliciter, in pubblico, e non al bar con gli amici – «è un idiota», mi sembrano però parole situate a un livello intollerabile di approssimazione, un colpevole rifiuto della complessità.

Altre due cose mi hanno molto colpito.
Margaret Thatcher – ha detto la Greer – è «un uomo».
Ma chi diavolo è, Germaine Greer, per negare il genere a qualcuno?
Stiamo parlando di cose serie. Se vuoi fare una battuta, falla. Ma poi spiegala, anche.

L’altra cosa che mi è parsa atroce è stata quest’idea che «le donne non vinceranno mai se» eccetera eccetera.
E io mi sono domandata qual è la guerra; perché il mondo debba andare diviso in chi vince e chi perde; cosa si vince; facendo cosa; per quale obiettivo si vince.
Insomma: di che diavolo stesse parlando quella bellissima donna di 73 anni straordinariamente ben conservata, a parte le caviglie piuttosto gonfie.

Non sostengo minimamente che siamo tutti umani e basta, e che la differenza di genere non esiste.
Per carità: affermazioni «neutrali» come queste, anzi, mi fanno imbestialire.
Però, santa madonna, è possibile che io debba sentir dire da una femminista frasi come «gli uomini aiutano poco in casa?». O che il problema è «vincere»?
Non so.
Show. Ortodossia apparentemente eterodossa. Ricerca dell’applauso.
Brutto. Brutto proprio.

Invece il concerto dei Dubliners è stato magnifico.
Loro hanno più di settant’anni, ma caspita che voci.
Alla fine, hanno cantato anche Molly Malone.
E io sono ancora senza voce.